IL CCNL ORA NON PIACE NEMMENO A CHI L'HA FIRMATO

Comunicato n. 44/18

Nazionale -

Sono trascorsi quasi tre mesi dalla sottoscrizione definitiva del CCNL Funzioni Centrali da parte di CGIL-CISL-UIL-CONFINTESA-CONFSAL e l’applicazione delle prime norme contenute nell’accordo porta in evidenza quanto denunciato fin dal primo momento dalla USB.

L’INPS lo scorso 13 aprile ha pubblicato la circolare N. 65, con la quale sono state fornite alcune indicazioni riguardanti la parte normativa. Il punto che ha destato più scalpore è stato quello relativo all’art. 35 del contratto, che disciplina le assenze per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici.

Le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto avevano raccontato ai lavoratori che le 18 ore di permesso annuo previste dall’art. 35 erano aggiuntive a precedenti disposizioni di legge e che non avrebbero modificato la possibilità di giustificare come malattia le assenze per visite, terapie ecc., senza alcun tetto a tali assenze.

La circolare N. 65/2018 dell’INPS, invece, su questo punto è molto chiara – “Si evidenzia che, ai sensi della nuova disposizione contrattuale, non è più possibile effettuare prestazioni specialistiche imputando l’assenza giornaliera a malattia”. Insomma, terminate le 18 ore di permesso, per effettuare visite mediche, sottoporsi a terapie, usufruire di prestazioni specialistiche ed esami diagnostici, è necessario ricorrere a ferie, permessi a recupero, banca delle ore ecc.. Proprio quello che ha messo in evidenza la USB da subito, sostenendo che la norma contrattuale era peggiorativa rispetto alle disposizioni legislative.

La CGIL non ci sta e prende carta e penna per dichiarare che l’INPS ha adottato un’interpretazione restrittiva della norma contrattuale. Per sostenere meglio tale tesi riporta nel proprio comunicato il disposto dell’art. 55-septies, comma 5-ter del D. Lgs 165/2001 (il Testo Unico del Pubblico Impiego), nel quale si prevede che se l’assenza per malattia ha luogo per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici, il permesso è giustificato mediante l’attestazione rilasciata dal medico o dalla struttura sanitaria, anche con l’indicazione dell’orario di permanenza nella suddetta struttura.

Ma se è ancora valido il dispositivo legislativo a cosa è servito inserire le 18

ore di permesso nel contratto? Ci spieghiamo meglio. Se, come afferma la CGIL, è possibile, in base all’art. 55-septies del D.Lgs 165/2001, continuare ad assentarsi dall’ufficio per effettuare visite ed esami diagnostici giustificando l’assenza come malattia senza alcun tetto annuo a tali assenze, a cosa servono le 18 ore previste dal contratto?

La realtà, invece, è quella raccontata fin da subito dalla USB. Il CCNL Funzioni Centrali all’art. 35 ha previsto solo 18 ore di permesso annuo, pari a circa due giornate e mezza se fruite a giornate intere, per effettuare visite mediche, terapie ecc., giustificando l’assenza come malattia. Superato tale limite, l’assenza per sottoporsi alle suddette prestazioni deve essere giustificata tramite ferie, permessi a recupero o banca delle ore.

Il contratto elenca alcune eccezioni:

- nel caso in cui le prestazioni sanitarie abbiano un effetto sul lavoratore tale da procurare una momentanea incapacità lavorativa, l’assenza dal servizio sarà giustificata come malattia e il lavoratore dovrà produrre l’attestazione rilasciata dal medico o dalla struttura sanitaria;

- nel caso in cui la visita o la prestazione sanitaria sia effettuata a seguito di un’incapacità lavorativa dovuta ad una patologia in atto, l’assenza dal servizio sarà imputata a malattia e il dipendente dovrà produrre sia il certificato di malattia del medico curante che l’attestazione del medico o della struttura sanitaria dove effettua la prestazione;

- nel caso il dipendente, a causa delle patologie sofferte, debba sottoporsi periodicamente a cicli di terapie comportanti incapacità lavorativa, sarà sufficiente un’unica certificazione del medico curante e singole attestazioni relative alle prestazioni sanitarie a cui si è sottoposto.

La CGIL cerca ora di arrampicarsi sugli specchi, ma è messa di fronte alle proprie responsabilità.