CRAL: ai confini della realtà…

Lodi -

Stanno accadendo, o si confermano fatti solo apparentemente minori, che sono lo specchio di quello che vogliono far diventare l’Istituto.

Gli amministratori dell’Inps hanno gli occhi dietro la testa. Vogliono fare i modernisti, gli innovatori e non sanno ispirarsi che al passato più lontano, pur di colpire i lavoratori.

L’ultima trovata è: i lavoratori aderenti al Cral debbono all’Istituto, per il sontuoso spazio occupato dal bar, la modesta cifra di 27 mila euro (11.664 per l’affitto di 26 mq e 15.451 per i consumi arretrati). La ragione? Una legge del 1993 imporrebbe la messa a reddito degli spazi occupati, cioè la cancellazione de facto di un istituto storico dei lavoratori, nato da lotte e conquiste di decenni e non grazioso regalo dei padroni, pubblici o privati che siano. Fino al 2011 i costi vennero messi a bilancio tra i benefici ai lavoratori, con il consenso del ministero della funzione pubblica e degli organismi vigilanti. Non si capisce poi, per volontà di chi, dal 2012 è cambiata la decisione. 

L’iniziativa dell’Amministrazione sfiora i confini della realtà!

La disposizione presenta più di un lato debole. Intanto, nel merito. Si permettono di cancellare una conquista che è parte integrante dei diritti dei lavoratori, diritti umani prima che economici. Il Cral è un istituto nato per valorizzare il tempo libero e garantire pause nell’attività lavorativa. Ma soprattutto il Cral è un momento di socializzazione, consente ai lavoratori di trascorrere parte del tempo in relazione tra di loro, organizzando occasioni culturali e ludiche, e permette di riconoscersi come comunità e corpo sociale. Insomma, è uno degli strumenti, e non il meno importante, nella costruzione di una collettività di lavoro. E dunque i CRAL hanno un’altissima valenza, non solo simbolica, nell’identificazione dell’appartenenza solidale alla stessa classe lavoratrice, allo stesso corpo sociale appunto. Non siamo macchine produttive... Spazi di socializzazione tra lavoratori sono fondamentali per la crescita anche delle coscienze dal punto di vista sia umano che dei diritti. E’ durante le pause che i lavoratori socializzano e si confrontano.  E forse è proprio per questo che l’Amministrazione vuole di fatto eliminarli.

Vi sono questioni più specifiche. Una disposizione dell’Amministrazione impone che il Cral paghi un affitto al valore di mercato! Vale a dire che anche i servizi che il Cral offre ai lavoratori debbono avere un prezzo di mercato. Il che equivale all’estinzione del Cral e alla sua trasformazione in un attività del tutto privata, tanto nell’erogazione di servizi che nelle finalità.

In altre parole, l’iniziativa dell’ Amministrazione mira a imporre anche nei rapporti tra lavoratori il dogma “tutto deve essere in mano al mercato e quindi privatizzato”.

Ci sono poi questioni più contingenti: perché dal 2012 a oggi l’Amministrazione è stata silente su questo obiettivo? E come si può a cinque anni di distanza chiedere

arretrati di questa consistenza? Quale norma lo impone? Dove sta scritto? A che titolo? Con che diritto?

Perdere questi spazi significa perdere la dimensione “umana e sociale” del lavoro. Se passa anche questo vero e proprio sopruso, se una scriteriata operazione, senza capo né coda, viene accettata senza colpo ferire, non solo consegniamo un pezzo della nostra storia in mani sbagliate, non soltanto faremo un salto indietro nel passato (metà Ottocento, per intenderci, quando i lavoratori cominciarono a imporre con le lotte i loro primi istituti), ma apriremo la strada alla definitiva affermazione di una logica perversa, che ha causato enormi danni a tutti: il dominio incontrastato del mercato. Per di più taroccato. Tanto per dire: nel parlamento italiano ci sono fior fiore di cosiddetti servizi forniti a quelli che dovrebbero essere i lavoratori (?) del parlamento, i parlamentari, con costi irrisori: barberie, bar, ristoranti dove servono persino l’aragosta, palestre con sale massaggi ecc.: a quali leggi di mercato rispondono? Lì non vale la logica della concorrenza, ma quella del farsi i propri privati interessi. Con buona pace degli equilibri economici.

Giù le mani dal Cral! Che i costi degli spazi occupati rientrino nel bilancio dell’Istituto tra i benefici ai lavoratori, come era stato fino al 2011 e venga subito ritira la pretesa degli arretrati maturati dal 2012Lotteremo fino in fondo, con scioperi occupazioni e quant’altro, cominciando con la dichiarazione dello stato di agitazione, per non perdere uno luogo di discussione, socializzazione e aggregazione che esiste in ogni grande azienda privata.  Mantenerlo significa mantenere spazi di civiltà del lavoro e di crescita delle coscienze, rafforzare la nostra identità collettiva e condividere la stessa appartenenza... NON SOLO MACCHINE PRODUTTIVE...

 

I LAVORATORI INPS LODI,  la RSU,  USB, CGIL, CISL, UIL  ALL’UNANIMITÀ

Lodi, 16/1/2017