ACCORDO DEL 23 LUGLIO SUL WELFARE: UN REFERENDUM FARSESCO
Comunicato n.61/07
In allegato il testo impaginato
In questi giorni CGIL-CISL-UIL stanno sottoponendo a referendum l’accordo sul welfare sottoscritto con il governo e confindustria lo scorso 23 luglio.
Il prossimo 12 ottobre l’intesa passerà al vaglio del consiglio dei ministri e poi sarà discussa in parlamento.
I tre sindacati confederali hanno più volte ripetuto che l’accordo è immodificabile.
Allora, a cosa serve il referendum?
E perché non lo hanno fatto prima della firma?
Ora, sulla spinta delle richieste della cosiddetta sinistra radicale, governo ed una parte dei sindacati sarebbero disposti a parziali modifiche.
Tutto, quindi, è deciso dall’alto, e l’apparente processo democratico di consultazione dei lavoratori serve solo come foglia di fico alle confederazioni CGIL-CISL-UIL e come valvola di sfogo a quella parte del sindacato, come la FIOM, che si è mostrata nettamente contraria ai contenuti dell’intesa sul welfare.
Ma cosa prevede l’accordo del 23 luglio?
- Innalzamento progressivo dell’età anagrafica a partire dal 2008 per il diritto alla pensione d’anzianità con 35 anni di contributi e successiva introduzione delle quote calcolate sommando età anagrafica ed anni di lavoro, arrivando ad effetti peggiorativi dello scalone della riforma Maroni;
- Diminuzione della contribuzione sugli straordinari, scelta che produrrà un effetto negativo sull’occupazione, incentivando il ricorso allo straordinario e sgravando i costi per le imprese;
- Nessuna sostanziale modifica alla Legge 30, lasciando pressoché intatte le attuali forme di lavoro precario;
- Un risparmio di € 3,5 miliardi nell’arco di un decennio da interventi di razionalizzazione sugli enti previdenziali (accorpamento???), pena l’innalzamento delle aliquote contributive a partire dal 2011;
- Abbassamento automatico dei coefficienti di determinazione della pensione in rapporto alla crescita delle aspettative di vita.
La RdB-CUB ha bocciato senza appello l’accordo sul welfare perché peggiora gli attuali diritti e non smantella la piaga del precariato, invitando i lavoratori a disertare il referendum farsa promosso da CGIL-CISL-UIL.