CHE SENSO HA

Roma -

Ci sono giornate in cui vorresti abbandonare tutto, nelle quali ti senti schiacciato da un potere arrogante, spavaldo, che non mitiga la propria sfrontatezza neanche con un minimo, magari solo formale, rispetto delle regole.

Pensi che non ha più senso farti il fegato amaro per difendere la democrazia nei luoghi di lavoro o i diritti dei tuoi colleghi, perché quei colleghi li senti distanti, presi dai loro sacrosanti problemi quotidiani, lusingati magari dalla prospettiva di una crescita professionale che, se ti esponi, rischi ti sia ostacolata da qualche sciocco, zelante servo del potere, che guarda con sospetto ogni libera intelligenza in circolazione.

Allora ti chiedi: "che senso ha?".

Sono le giornate in cui scopri che per accontentare gli appetiti elettorali e le clientele degli amministratori del tuo Ente si deliberano circa 300 nuove mobilità interenti, mentre non ci sono spazi per stabilizzare gli oltre 500 lavoratori precari.

Sono le giornate in cui si cancellano d’un colpo dai muri dell’Istituto gli spazi dedicati alla politica, impedendo la libera circolazione delle idee dentro il posto di lavoro, probabilmente per venire incontro alle richieste di amministratori che hanno terrore dell’informazione.

Sono le giornate in cui qualche dirigente esprime appieno le proprie capacità professionali penalizzando i più meritevoli e vessando i più deboli, avendo magari gli uni e gli altri la colpa di non appartenere alla giusta cordata sindacale.

Sono le giornate in cui sono negate informazione, concertazione, consultazione e tutte quelle diavolerie comunque inserite nei contratti per ridurre il diritto del sindacato a negoziare in nome e in difesa degli interessi dei lavoratori.

Esternalizzazioni, politica degli organici, mobilità, produttività, apertura nuove sedi, comunicazione, diventano tutti argomenti sottratti al confronto e sui quali decidono autonomamente gli amministratori, in un clima di normalizzazione e censura del dissenso.

Per ridurre gli sprechi si tolgono risorse al funzionamento dell’Ente, si accorpano i processi, si cancella l’indennità di trasferta, si cedono le automobili di servizio. Contemporaneamente, tuttavia, gli amministratori pensano di farsi allestire uffici di rappresentanza nel centro della capitale e sfrattano i lavoratori che operano nella sede prescelta.

Sono giornate amare. E vorresti mollare. Ma è proprio quello che si aspetta chi vorrebbe cancellare definitivamente il ruolo del sindacato, riducendolo a semplice zerbino, per affermare la linea decisionista che passa per la cancellazione di qualunque diritto acquisito di fatto dai lavoratori.

Allora ti dici che… "ha ancora un senso", anzi: oggi ancora di più.