CONIUGARE SERVIZIO PUBBLICO E COSCIENZA CIVILE

Roma -

(29/20) Il DPCM del 9 marzo 2020 invita l’intera popolazione ad evitare spostamenti dalla propria abitazione se non strettamente necessari, tanto che il Presidente del Consiglio nel presentare il provvedimento ha coniato lo slogan “io resto a casa”.

Sul COVID-19 purtroppo non si sa ancora molto ma una cosa è ormai certa: per evitare di favorire il contagio e l’estendersi dell’epidemia è necessario limitare i contatti fisici e la vicinanza tra le persone. E’ da questa semplice regola che bisogna partire e, rispettarla, è compito e dovere di tutti. Probabilmente nei prossimi giorni i provvedimenti di restrizione alla mobilità saranno ancora più stringenti e si potrebbe arrivare al blocco di tutte le attività, comprese quelle di servizio pubblico se non indispensabili a salvaguardare la salute dei cittadini. In tal caso nessun lavoratore dovrà subire una decurtazione dello stipendio. L’INPS ha emanato provvedimenti che mirano a garantire la continuità amministrativa riducendo al minimo l’afflusso di utenti agli sportelli. Sicuramente è stato fatto di più di quanto previsto dai DPCM, che hanno sempre ribadito che gli uffici pubblici dovevano rimanere aperti, entrando così in aperta contraddizione con la principale preoccupazione di evitare il diffondersi del contagio. Tuttavia queste misure non sono sufficienti.

In un momento di grave emergenza come quella che stiamo attraversando devono essere impartire chiare ed inequivocabili disposizioni dal centro:

  • Accettazione di tutte le domande di smart working indipendentemente dalle aree d’inquadramento e dalle funzioni svolte, individuando per tutti, nessuno escluso, le attività applicabili a lavorazioni da remoto fino alla data individuata dal DPCM del 9 marzo e da eventuali successivi provvedimenti governativi;
  • Attività d’informazione e comunicazione con i cittadini utenti svolta unicamente attraverso il call center provinciale, la posta elettronica ed altri strumenti che non comportino il contatto fisico;
  • Applicazione di tutte le misure di prevenzione disposte dai DPCM e dalle Ordinanze della Protezione Civile;
  • Sospensione delle visite mediche e valutazione della richiesta della prestazione sulla base della documentazione cartacea in tutti i casi in cui tale modalità non arrechi possibili danni all’utenza.

Superata la fase emergenziale, si dovrà poi affrontare il tema della produttività, rispetto al quale non si potrà non tener conto di quanto accaduto.

 

Roma, 11 marzo 2020                             (29/20)