CORONAVIRUS, GOVERNO ALLO SBANDO PROVVEDIMENTI CONTRADDITTORI E FACILMENTE AGGIRABILI - L’INPS DIFENDA I PROPRI DIPENDENTI
(27/20) ella notte tra il 7 e l’8 marzo la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha emanato un ulteriore decreto per contenere i rischi del contagio da virus COVID-19. E’ stata dichiarata zona rossa l’intera regione Lombardia e le province di Mantova, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso, Venezia.
Il DPCM invita i cittadini ad evitare spostamenti in entrata ed in uscita dai territori considerati zona rossa, nonché all’interno delle stesse aree individuate dal decreto. Tuttavia, se si hanno esigenze di lavoro, particolari necessità o motivi di salute l’invito non vale, è sufficiente autocertificare tali bisogni con una dichiarazione da rilasciare anche al momento. Quindi zone rosse disegnate solo sulla carta, dalle quali si può continuare ad entrare ed uscire liberamente.
L’attività di ristorazione e bar è consentita dalle 6:00 alle 18:00. Evidentemente c’è qualche studio scientifico che chiarisce che il virus COVID-19 predilige le ore notturne ed è particolarmente sensibile al richiamo di spritz e mojito.
Chiusi i supermercati il sabato e la domenica, una decisione che ci fa particolarmente piacere per i lavoratori del commercio costretti normalmente a saltare le feste per soddisfare esigenze di shopping e voglia di profitto, ma dal punto di vista della prevenzione del rischio di contagio il provvedimento ci lascia perplessi. Le resse nei supermercati si possono determinare in qualunque giorno della settimana, come si è visto nei giorni scorsi.
Sospesi eventi e competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici e privati. Anzi no, il calcio deve andare avanti e così gli altri eventi, se svolti in impianti sportivi a porte chiuse, ovvero all’aperto senza la presenza del pubblico. Unico spettatore ammesso, peraltro non pagante, il COVID-19.
Il DPCM raccomanda i datori di lavoro pubblici e privati di favorire la fruizione di congedi ordinari, ferie e lavoro agile. Ma a chiarire che questo non significa la possibilità di chiudere l’accesso degli uffici pubblici agli utenti ci pensa la Protezione Civile con una propria ordinanza emanata ieri dopo la pubblicazione del decreto del governo.
L’art. 2 dell’Ordinanza del Capo Dipartimento della Protezione Civile chiarisce che la raccomandazione contenuta nel DPCM non comporta limitazioni all’attività degli uffici pubblici, che devono restare aperti su tutto il territorio nazionale, dal nord al sud, come spiega il Ministro Boccia in conferenza stampa. Le regioni con propri provvedimenti daranno attuazione a quanto previsto dal DPCM.
Ma la Protezione Civile è competente sul funzionamento degli uffici pubblici? Noi riteniamo di no e, quindi, a nostro parere l’Ordinanza non vincola le amministrazioni pubbliche.
Bene ha fatto l’INPS a decidere autonomamente che nelle zone rosse i servizi informativi siano assicurati attraverso il call center provinciale (messaggio Hermes n.1013 dell’8 marzo a cura della direzione centrale Organizzazione e Comunicazione). Tuttavia è previsto un presidio fisico alla reception per informare i cittadini di tale modalità operativa sostitutiva del servizio tradizionale. Su questo dissentiamo perché c’è una direzione centrale Organizzazione e Comunicazione che può informare i cittadini attraverso comunicati stampa, spot ed altro. Con analoghe modalità da remoto (messaggistica, email, pec, telefono etc.) saranno fornite le risposte e gestite le interazioni con i cittadini utenti. Sarà inoltre favorito l’utilizzo del lavoro agile a distanza per evitare spostamenti del personale INPS sul territorio.
Nessun provvedimento per il restante territorio nazionale attualmente non interessato da provvedimenti restrittivi. A nostro parere la modalità prevista per le zone rosse deve essere estesa a tutto il territorio nazionale, dando un’ampia informazione sugli strumenti alternativi di contatto con l’Istituto. In ogni caso non ci devono essere sportelli INPS aperti al pubblico se sprovvisti di pannelli di separazione in plexiglass e senza che il personale sia dotato degli strumenti di protezione personale (guanti, mascherina ed occhiali), come da noi richiesto nelle precedenti comunicazioni riferite alla gestione di questa crisi. Senza i necessari accorgimenti gli sportelli devono chiudere immediatamente.
Non si può da una parte favorire il lavoro agile a distanza e poi far ricadere l’onere dell’attività di sportello sul residuo personale presente in sede.
Ci troviamo di fronte ad un’emergenza che ha molte incognite e che probabilmente è ancora più grave di come viene rappresentata, tuttavia tutti noi siamo chiamati a fare ciascuno la propria parte, con serietà e spirito di collaborazione, senza rincorrere facili consensi e senza speculare su comprensibili timori. Non dobbiamo dimenticare chi, in queste stesse giornate, negli ospedali e nei presidi sanitari lavora a ritmi incessanti rischiando la propria salute e la propria pelle per curare e salvare chi è stato contagiato dal virus. L’INPS non è un servizio pubblico essenziale ma è pur sempre un servizio pubblico che svolge un’importante attività per i cittadini. Si deve riuscire a coniugare la necessità di garantire la continuità del servizio con la salvaguardia della salute e della sicurezza dei lavoratori dell’Istituto. E’ complicato ma non impossibile. Su questi obiettivi dobbiamo impegnarci tutti.