CORSI E RICORSI STORICI

Comunicato n. 48/08

Roma -

 

Esattamente ottantacinque (85) anni fa il Gran Consiglio del Fascismo ratificava il patto di reciproca “legittimazione e collaborazione” con la Confederazione degli Industriali, che porterà in breve ad una trasformazione in senso involutivo e totalitarista di tutto il mondo del lavoro.

Quella che poteva inizialmente sembrare una mossa azzardata ed irresponsabile, non era altro che la drammatica conseguenza di un calcolo comunque ben congegnato, teso unicamente ad esautorare l’allora CGL dalla sua funzione principale (la stipulazione dei contratti collettivi) e, più in generale, soffocare di fatto qualunque tipo di opposizione.

Una commedia dai successivi risvolti tragici, in realtà studiata a tavolino fin nei minimi particolari da politici ed industriali alle spalle e sulla pelle dei lavoratori.

Il patto di palazzo Vidoni assicurava infatti al sindacato unico fascista tutto il potere normativo in materia di contrattazione collettiva e toglieva agli operai la possibilità di esercitare un controllo diretto sull’applicazione delle norme poste a loro tutela.

In questo modo, praticamente per legge, tutto il sindacalismo non fascista veniva di fatto messo al bando e sottoposto ad un duro regime di persecuzione poliziesca. A tal punto che a distanza di un anno circa l’allora CGL decise di sciogliersi dopo essersi resa conto della inanità della sua sopravvivenza e della accertata inutilità della sua azione.

Nello stesso periodo, il Gran Consiglio del Fascismo approvava definitivamente la Carta del Lavoro voluta dal ministro Bottai, mettendo la parola fine ad ogni libertà sindacale.

Il controllo totale del regime sul mondo del lavoro era ormai completato, grazie anche alla cecità degli industriali e alla complicità della monarchia.  

 

Quali le differenze rispetto a ciò che stiamo, sia pure in forma diversa, rivivendo oggi?

 

Il patto scellerato tra Confindustria e fascismo mediatico ha la stessa finalità: pezzo dopo pezzo, chirurgicamente, reprimere a colpi di decreto tutte le libertà sindacali. La qual cosa, tuttavia, non sarebbe possibile senza aver prima “narcotizzato” quella parte dell’opinione pubblica ancora non asservita. Siamo all’attuale becero sistema mediatico.

 

L’abitudine è la peggiore delle malattie. Essa si instaura dentro di noi come un microbo, una molecola malata che ci condiziona e ci rende completamente assuefatti. Quando ci accorgiamo che in realtà la televisione ci sta rubando la vita, propinandoci peraltro una marea di falsità e/o di informazioni appositamente filtrate, spesso è troppo tardi. Non siamo più in grado di reagire. Anzi, ci sembra addirittura strano che qualcuno lo faccia.

 

Il passo successivo del regime sarà probabilmente quello di isolare e poi colpire senza problemi gli oppositori, quelli che ancora si permettono di resistere. Cioè noi, la base.     

 

 

Coordinamento regionale RdB-CUB INPS Lazio