Da maggio niente buoni pasto ai distaccati sindacali: l'INPS si presenta a Berlusconi

In allegato il comunicato n.12/08

Nazionale -

Con un laconico messaggio inviato nel pomeriggio del 30 aprile scorso, il capo del personale ha comunicato che “in via cautelare” da maggio è sospesa l’erogazione dei buoni pasto ai dipendenti in distacco sindacale, sulla base di un’indagine avviata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze guidato da Padoa Schioppa e Visco.


Guarda il caso, tale provvedimento è preso a pochi giorni dall’insediamento del nuovo governo e ad alcune settimane dall’uscita in libreria de “l’altra casta”, scritto dal giornalista Stefano Livadiotti che, sfruttando l’onda lunga del volume di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo sulla politica, attacca a 360° il sindacalismo nel nostro Paese ed entra con dovizia di particolari, ma anche con diverse inesattezze, su questa come su altre questioni che riguardano l’Istituto previdenziale.


I vertici dell’INPS sembrano voler presentare il biglietto da visita al futuro governo: qui siamo pronti a bastonare il sindacato e, se ci chiederete di più, eccoci.

Fuoco alle polveri.


Questo è un Ente in cui è diventato impossibile incontrare il direttore generale, tanto è impegnato ad assicurare a qualunque governo e di qualunque colore l’acquisizione di nuovi compiti a fronte di una progressiva diminuzione degli organici, segnando per altro il proprio mandato con un’ininterrotta catena di appalti per varie attività, prima fra tutte quella informatica, con il risultato di ridurre al lumicino l’informatica interna.


E’ un Ente in cui il presidente è un’entità astratta, che sale agli onori delle cronache interne di palazzo più per il gossip che per l’attività istituzionale.


E’ un Ente in cui il CIV ha ripiegato le bandiere, ripulito i cassetti della scrivania ed attende solo il momento di traslocare, mentre al CdA hanno già prenotato i posti in prima fila per assicurarsi un degno futuro, dal momento che… tengono famiglia.


Non parliamo poi della dirigenza centrale, che ha un sussulto solo quando si tratta di difendere uno della loro corporazione, anche se indifendibile, mentre sul resto chiudono gli occhi, visto che… tengono famiglia pure loro.

Sono cominciate le grandi manovre.


La ventata reazionaria e di destra che ha investito il Paese si riflette inesorabilmente sull’INPS, simbolo del welfare nazionale. L’attacco, sembrerebbe un paradosso, è politicamente trasversale e vede qualche “illustre” dirigente dichiaratamente di sinistra soffiare sul fuoco della polemica per questioni anche personali, fornendo elementi ed alibi alla destra.


Il libro di Livadiotti ed i recenti articoli apparsi su “Libero”, dove, a proposito del Fondo di Ente e del suo utilizzo, si leggono grandi fesserie come la distribuzione di 147 milioni di euro in straordinario, trovano chiara ispirazione da fonti interne all’Istituto. Non è un caso che nel mirino finiscano informatica e vigilanza, attività che qualcuno vorrebbe sottrarre al controllo dell’Ente previdenziale.


Con la scusa di attaccare le centrali sindacali delle maggiori confederazioni, rispetto alle quali continuiamo a marcare una netta distanza non solo progettuale ma anche di iniziativa, si vuole colpire in realtà la funzione del sindacato stesso, ben rappresentata oggi dal sindacalismo di base su istanze avanzate.


Si vogliono ridurre i diritti dei lavoratori pubblici per poter attaccare con più forza quelli dei lavoratori delle imprese private, cancellando l’intermediazione sindacale per arrivare ad un rapporto diretto tra imprenditore e lavoratore, che lasci quest’ultimo senza più rappresentanza.


In un quadro così complesso e delicato, all’INPS si mobilitano i giannizzeri e, in barba all’autonomia contrattuale, alle norme, ad una realtà consolidata nel tempo, con un colpo di spugna si prende una decisione a dir poco discutibile, facendo salire la febbre ed il livore di un antisindacalismo strumentale.


Sarebbe facile a nostra volta cavalcare l’onda della polemica generica e qualunquista e chiedere conto a questi signori della scelta di riconoscere i buoni pasto ai dirigenti generali dell’Ente, che hanno un trattamento economico omnicomprensivo, o a quelli di seconda fascia, che non hanno obbligo di attestare la presenza.


Ancora più facile sarebbe evidenziare la palese contraddizione di negare i tickets ai lavoratori dell’Ente in distacco sindacale, mentre sono riconosciuti ai consiglieri d’amministrazione (CdA) ed ai consiglieri del collegio dei sindaci (CdS), tra i quali figurava fino a poco tempo fa quel Giuliano Cazzola, eletto nel PdL, che tanto fervore mette nel denunciare i “privilegi” dei pubblici dipendenti, battendo la grancassa nell’orchestra del maestro Pietro Ichino, eletto nel Pd, che sulla moralizzazione della pubblica amministrazione ha costruito la sua fortuna. Sarà un caso, ma entrambi provengono dalle fila della CGIL, per quella strana trasversalità di cui si parlava in precedenza.

 

Tuttavia non ci interessa e non ci ha mai interessato la polemica fine a se stessa. Per questo con serietà e fermezza sottolineiamo che per NOI l’attività sindacale è attività lavorativa a tutti gli effetti. Non permetteremo né a questa né ad altre amministrazioni di mettere in discussione il ruolo delle rappresentanze dei lavoratori e ci batteremo perché i delegati sindacali non siano soggetti ad alcuna ritorsione economica o normativa.