È nei dettagli che si nasconde il diavolo...

Lodi -

Che sia stata un’idea balzana (o meglio: sbagliata) quella di istituire le Posizioni organizzative per remunerare la responsabilità, senza però stabilire che siano finanziate dal datore di lavoro e regolate da criteri  trasparenti, di valore generale e in grado di ridurre al minimo i margini di discrezionalità (leggi: arbitrarietà), bene, questo sindacato lo ha affermato da sempre, nonostante gli accordi tra Direzione Generale e CGIL, CISL, UIL.

Siccome l’esattezza di una previsione si verifica nel tempo, oggi possiamo senz’altro affermare di avere avuto ragione. Il terreno delle Posizioni organizzative è divenuto il luogo in cui meglio si può praticare quella forma di clientelismo capace di legare in un patto scorretto chi aspira al riconoscimento a chi questo riconoscimento lo deve decidere.

Attenzione! Non stiamo affermando che tutte le posizioni organizzative siano oggetto di mercimonio e strumento di sudditanza. Ci mancherebbe altro! Ci sono responsabili che meritano il riconoscimento e se lo sudano. C’è chi cerca di svolgere il ruolo con dignità, ma è poi molto difficile riuscirci, perché prima o poi, per i carichi di lavoro,  gli standard produttivi insostenibili e gli interventi “d’autorità” del direttore di turno, le contraddizioni esplodono. E infatti a Lodi un’alta percentuale di colleghi si sono dimessi dall’incarico con grande senso di liberazione.

L'idea delle posizioni organizzative è in sé ambigua, se non errata, in contraddizione con l'indirizzo moderno del lavoro, basato sulla condivisione e la socializzazione delle conoscenze. Del resto, la stessa dirigenza insiste su questo principio in linea generale. Certo, lo fa in maniera strumentale, per accentuare flessibilità e mobilità e in  questo modo intensificare il lavoro. Ma dal nostro punto di vista, noi dobbiamo rivendicare la socializzazione del lavoro, rivendicare cioè il fatto che è dalla cooperazione tra i lavoratori che nasce una miglior qualità del lavoro stesso. E allora, perchè differenziare i lavoratori con le Posizioni organizzative? Per una questione di qualificazione o non piuttosto di comando? La Posizione organizzativa deve sentirsi responsabile verso la Direzione e quindi farsi carico dei risultati del lavoro altrui, garantire cioè il controllo sul lavoro altrui. E' un'altra forma della divisione del lavoro e dell'introiezione del conflitto tra i lavoratori, spostandolo dalla contrapposizione tra comando della Direzione e massa dei lavoratori. Davvero una bella invenzione!

E’ proprio per questo che molti lavoratori, tra i quali chi scrive,  per motivi ideali rifiutano di partecipare a questo tipo di selezione. O di qua, con i lavoratori, a condividerne condizione e reddito, rivendicando la socializzazione del lavoro;

O di là,  con un’amministrazione “padronale”, riducendosi il più delle volte a fare il “controllore/ sanzionatore” della produttività individuale statisticata...     

Ma è nei dettagli che si nasconde il diavolo.

È in quelle situazioni in cui non si applicano criteri riconosciuti come trasparenti che avviene la forzatura. Non vi è solo questo, però.

La fantasia dei dirigenti, cui spetta il ruolo principale nel processo di attribuzione delle Posizioni organizzative, è una fantasia assai fertile. Si arriva a moltiplicare le unità necessarie. Cioè si sdoppiano le Posizioni organizzative, che fin lì erano uniche: si dividono le competenze, per creare più posizioni, le quali risulteranno di conseguenza un poco taroccate.

Fossimo un sindacato corporativo, potremmo dire: meglio, così due lavoratori ne beneficiano, al posto di uno. Non funziona così. Lo sdoppiamento è a discrezione e invenzione del dirigente.

E a cosa serve? A migliorare l’organizzazione del lavoro? No, serve soltanto al dirigente per legarsi il beneficiato e aumentare il controllo sulla produttività. Noi siamo contrari all’assegnazione di nuove P.O. o allo sdoppiamento di quelle già esistenti come sembra voglia proporre la direttrice di Lodi al Direttore regionale. Lodi è una piccola sede e non c’è alcuna necessità di moltiplicare le Posizioni Organizzative che a nostro avviso sono già fin troppe. In un organico costituito da poco più di una novantina di funzionari vi sono ben quattordici Posizioni organizzative, a cui occorre poi aggiungere la dirigenza. Di questo passo i comandanti saranno più numerosi del resto della truppa. E questo, checché se ne dica, è un’aberrazione organizzativa.

Ma c’è qualcosa di più grave.

Al momento dell’istituzione delle Posizioni organizzative, qualcuno ha avuto l’idea geniale di stabilire per contratto che le Posizioni organizzative siano pagate attingendo alle risorse del Fondo del salario accessorio.

Poiché il Fondo è calcolato secondo una quota assegnata per ciascun lavoratore, ne consegue che i lavoratori meno remunerati pagano una parte di stipendio a quelli più remunerati, togliendo questi soldi dal proprio salario. Ogni Posizione organizzativa nuova toglie soldi ai suoi colleghi.

Certo, chi ottiene la Posizione organizzativa non ne ha responsabilità diretta, e tuttavia la faccenda funziona come un’applicazione della legge di Robin Hood al contrario: si prende ai meno pagati per dare ai più pagati. Peraltro, agli involontari finanziatori non ne viene beneficio alcuno: la funzione di Posizione organizzativa è utile alla Direzione, al funzionamento globale dell’Istituto, di cui porta la responsabilità la stessa Direzione (che peraltro ne trae cospicui benefici: al raggiungimento degli obiettivi scattano consistenti incrementi del premio di produttività dirigenziale).

Siamo nel mondo all’incontrario! Se la Direzione necessita di responsabili, prema sulla Direzione Generale, perché vengano stanziate risorse ad hoc.

Si destinino integralmente le risorse del Fondo per il salario accessorio all’incentivazione di tutti i lavoratori. Si destini una parte del fondo per compensare i colleghi di area A e B, oggi “vergognosamente” sotto inquadrati rispetto alle mansioni realmente svolte.

Del resto, noi abbiamo sempre sostenuto che occorre procedere con una visione ampia e generale dell’organizzazione del lavoro. Ed è da questa visione che deve derivare l’identificazione delle “poche” Posizioni organizzative necessarie, pagate dall’Amministrazione alla quale sono organizzativamente funzionali.

Individuate le Posizioni, si devono assegnare con criteri il più possibile limpidi, controllabili, tali da poter reggere all’analisi di merito di tutti. Del resto, questa è una regola valida per tutto il pubblico impiego: l’universalità delle procedure, la loro imparzialità ed eguaglianza per tutti i soggetti interessati sono garanzia di legalità.

Nel nostro Istituto, c’è qualcuno che in tutta coscienza può affermare che questa è esattamente la procedura seguita?

 

                                                 USB INPS Lodi