Il contratto integrativo INPS 2025 spiegato da USB - PARTE 2 - tutte le fregature in cronaca

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IL CONTRATTO INTEGRATIVO INPS 2025 SPIEGATO DA USB

PARTE 2 - TUTTE LE FREGATURE IN CRONACA

 

(C 40-2025)    Sui contenuti dell’ipotesi di accordo sottoscritta dalla sola Cisl siamo già intervenuti. Forniamo qui qualche approfondimento. Unico contenuto davvero positivo – ma decisamente marginale – è il riconoscimento del diritto all’incentivazione del personale insegnante a tempo determinato. 

Un elemento cruciale è quello relativo alle indennità (di posizione organizzativa, di responsabilità specifica, per particolari compiti), il cui costo a carico del fondo cresce in maniera significativa, attribuendo inoltre gli aumenti in maniera diseguale e senza un chiaro criterio per le differenziazioni. Per USB rimane ferma la rivendicazione di porre a carico dell’Amministrazione, con differenti capitoli di bilancio, le indennità legate all’organizzazione del lavoro. L’unica indennità – quella di sportello - che, a nostro giudizio, era meritevole di un significativo aumento viene solo ritoccata.

Un fatto molto grave è il mantenimento del maggior peso (42 punti anziché il minimo contrattuale di 40) assegnato alla valutazione individuale per la composizione delle graduatorie per le progressioni orizzontali, nonostante la previsione di una dichiarazione congiunta al CCNI 2024 ne prevedesse l’eccezionalità. La valutazione per ottenere il punteggio di 42 è stata inoltre fissata al valore molto alto di 105. Una vera marchetta all’ideologia finto meritocratica del governo e in particolare del ministro Zangrillo. Va comunque detto che su questo punto, come sul precedente, i tre satelliti corporativi sarebbero stati pronti e lieti di unirsi all’allegra brigata.

La rottura si è invece consumata sul numero dei differenziali stipendiali, fissato in appena 3499 rispetto agli almeno 6000 che sarebbero necessari per garantire a tutto il personale una progressione in un orizzonte temporale ragionevole e prevedibile. L’Amministrazione ha un evidente doppio interesse a mantenere basso questo numero: il maggiore importo dell’incentivo (sottoposto al ricatto della produttività e delle pagelle) e la profonda spaccatura che questo basso numero di progressioni determinerà tra il personale. Questi sono fattori negativi per tutto il personale, compresa la parte iscritta alla Cisl o che la vota. La Cisl ha però la “massa critica” che le consente di assorbire il colpo, rafforzando peraltro la propria immagine di sindacato governativo. Per i satelliti, una scelta del genere sarebbe politicamente insostenibile e sono quindi costretti a non firmare, rimanendo in mezzo al guado nel quale si sono cacciati con la loro inettitudine.

È importante comprendere che un numero così basso di progressioni fa saltare ogni possibilità di criterio solidaristico nella ripartizione delle risorse accessorie. Anche ipotizzando un intervallo di 4 anni (il massimo contrattualmente previsto) tra l’attribuzione di un differenziale e l’altro, con questi numeri si potrebbero coprire non più di 14000 lavoratori, dopodiché ritornerebbero in gioco i primi vincitori, dotati di requisiti più alti. Molte migliaia di colleghi sono destinate ad essere tagliate fuori, non solo per quest’anno ma per tempi lunghissimi o per sempre, dall’accesso a sviluppi economici e alla stabilizzazione della retribuzione. Le misure compensative previste come maggiorazione dell’incentivo appaiono palliative e del tutto insufficienti. Meglio sarebbe stato allora far passare il 2025 senza attribuire differenziali e ripartire nel 2026 con una base numerica più ampia.

Va tuttavia evidenziato come l’argomentazione fornita dalla Cisl e dall’Amministrazione per giustificare il basso numero di posti messo a bando sia falsa. Si parte dall’assunto che possa essere attribuito un differenziale alla metà dei potenziali aspiranti, calcolati in circa 7000 (da qui i 3499 posti). Si sostiene che non sia possibile estendere la platea potenziale ai colleghi “promossi” con decorrenza 01/01/2023. Riportiamo testualmente dal comunicato Cisl:

“articolo 16 del CCNL 2022/2024, che possono partecipare alla procedura selettiva i lavoratori che negli ultimi tre anni non abbiano beneficiato di alcuna progressione economica, termine che, in sede di contrattazione integrativa, può essere ridotto a due anni (come abbiamo fatto con l’accordo firmato) o elevato a quattro, specificando nel contempo che “ai fini della verifica del predetto requisito si tiene conto delle date di decorrenza delle progressioni economiche effettuate”. Questo sta a significare che, anche nell’ipotesi più favorevole di applicazione del blocco previsto dal CCNL, ossia i due anni, operando il calcolo a ritroso, dal 1° gennaio 2025 al 1° gennaio 2023, la platea dei potenziali destinatari non può, contrattualmente, includere, al fine di ampliare la base di calcolo sulla quale applicare il famoso 50% imposto dal MEF-Ragioneria generale dello Stato, i colleghi che hanno conseguito il differenziale nel 2023.

È evidente qualche problema con la matematica, dal momento che i due anni dalla decorrenza 01/01/2023 si concludono il 31/12/2024 e non il 01/01/2025, altrimenti sarebbero due anni e un giorno. Infatti, i ministeri vigilanti hanno avallato che per la decorrenza 01/01/2024 partecipassero i beneficiari del 01/01/2022. Non vi è stata nessuna deroga ma applicazione del contratto e della logica matematica. All’Amministrazione fa comodo sostenere una tesi diversa, per i motivi che abbiamo descritto. La Cisl mente e finge di non capire per giustificare il proprio avallo. Ai lavoratori e alle lavoratrici dell’Inps rimane la fregatura. Ci sarà chi avrà molto e chi non avrà nulla, con le conseguenze di divisione, frustrazione e demotivazione che è facile immaginare. Un vero disastro.