IL TRITACARNE DI CONFINDUSTRIA
LA PROPOSTA DI RIFORMA DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA MANDA AL MACERO I CONTRATTI E I DIRITTI DEI LAVORATORI
Confindustria ha presentato la sua proposta per l’affondo definitivo della trattativa sulla riforma della contrattazione nazionale: la distruzione della contrattazione collettiva e dei livelli minimi di tutela per i lavoratori di tutti i settori.
Per sostenere i loro interessi viene ribaltata la realtà: si mette al centro la piena libertà d’azione delle imprese e non la vera grande emergenza del nostro paese, l’emergenza salariale (creata da Confindustria e CGIL CISL UIL a partire dall’abolizione della scala mobile), che produce crisi sociale, economica e produttiva, mentre si passa sopra al fatto che nel frattempo le imprese e i padroni hanno incassato un innalzamento dei profitti, investiti in attività e speculazioni finanziarie.
Per la CONFINDUSTRIA la contrattazione collettiva deve servire non a tutelare i lavoratori ma a favorire l’impresa e la produzione, tramite le seguenti proposte:
· contratti nazionali della durata formale di tre anni (sia per la parte normativa che per la parte economica), scompare il rinnovo biennale della parte economica con perdita certa di salario;
· i contenuti del contratto collettivo nazionale, sia economici che normativi, sono derogabili “automaticamente” a livello territoriale, basta stabilire negli accordi dei parametri economici che se superati fanno scattare la deroga in peggio dei CCNL;
· secondo livello di contrattazione (aziendale o territoriale), con regole blindate, con salario integrativo esclusivamente variabile (fino a zero euro), con una misera indennità per i lavoratori esclusi dalla contrattazione integrativa (considerando che gli aumenti contrattuali a livello nazionale saranno minori per “fare spazio” a quelli aziendali);
· invece della truffa dell’inflazione programmata, ecco la doppia truffa di un “indice previsionale depurato”; si vuole stabilire, su base triennale, un recupero dell’inflazione ancora inferiore a quella di oggi e senza dover considerare l’inflazione “importata”, cioè ad esempio quella dovuta al caro petrolio ed energia (compresi i conseguenti aumenti sui generi di consumo che questa comporta); la base di calcolo degli adeguamenti e degli aumenti non sarà il normale salario – stipendio ma una retribuzione media da contrattare: quindi un indice e una base di calcolo che andrà ad allontanare ancora di più dalla realtà gli “aumenti” concordati a livello nazionale;
· accorpamento dei contratti, riducendoli a poche decine, con conseguente drammatica diminuzione del potere di condizionamento da parte dei lavoratori e delle categorie;
· blocco degli scioperi e delle iniziative di lotta per sette mesi in occasione dei rinnovi contrattuali, aumentano i vincoli, con tanto di penali, a favore delle imprese e contro il potere contrattuale dei lavoratori che verrebbe ulteriormente bloccato durante le fasi importanti delle trattative (oltre alle regole anti-sciopero presenti nei vari settori;
· rafforzamento del “collaborazionismo”, il Ministro Sacconi la chiama addirittura complicità, tra imprese e sindacati tramite il Comitato paritetico Confindustria-Cgil, Cisl e Uil, e tramite una stretta ulteriore delle regole di rappresentanza sindacale che, superando gli accordi del 1993, mira a far fuori il conflitto, ed i sindacati indipendenti e di base.
Una trattativa a perdere che non doveva iniziare neppure, come pretende Epifani, sulla base del documento unitario dei tre sindacati confederali che portano una pesante responsabilità visto che della riforma della contrattazione si sono fatti alfieri.
I lavoratori hanno bisogno di recuperare salario, dignità e potere contrattuale, invece si sta trattando solo di “come fare” i prossimi sacrifici (meno salario e meno diritti), di “come dividere” i lavoratori dei vari settori e delle aziende con e senza contrattazione aziendale, di “quali regole” per rendere ancora più difficili le lotte e le mobilitazioni, di come escludere dai tavoli di trattativa i sindacati di base non collaborazionisti con nuove regole antidemocratiche sulla rappresentanza.
Per questo è necessario respingere nei luoghi di lavoro e nei territori questo attacco e questa trattativa truffa mobilitandosi a partire dallo sciopero generale nazionale indetto dal sindacalismo di base.
SCIOPERO GENERALE NAZIONALE
VENERDI’ 17 OTTOBRE 2008
con Manifestazione Nazionale a Roma