Inps Lazio. IL DOVERE DELLA NON COLLABORAZIONE
Comunicato n.7/13
Un film già visto in tutte le sue sfaccettature e al quale peraltro manca il finale.
Proprio come quattro anni or sono, quando l’allora commissario iniziò una lenta e progressiva opera di smantellamento dell’Istituto, dapprima con la determina n. 140 del 29.12.2008 e poi con la successiva circolare n. 102 del 12.08.2009 (attenzione alle date, perché nulla nella vita capita o è stato fatto per caso !!!).
Oggi come allora, senza alcuna condivisione con le OOSS, una amministrazione succube e priva di autonomia politica, decide in maniera unilaterale di avviare una nuova “sperimentazione di un modello organizzativo integrato di direzione provinciale in sedi a campione” (vedi elenco allegato con 18 sedi sperimentali).
A parte il fatto (e dovrebbe essere intuitivo) che prima di passare a una nuova sperimentazione bisognerebbe anche cercare di capire se si considera conclusa quella precedente e quali ne sono stati i risultati magari chiedendolo all’utenza.
In realtà si continua a procedere a tentoni, per evitare di mettere la parola fine ad una riorganizzazione palesemente fallimentare. Ma chi ce l’ha il coraggio ???
Ebbene, come se non bastasse, l’amministrazione ci riprova ed emana la nuova circolare n. 31 riguardante il fantasmagorico processo d’integrazione degli enti.
Anche stavolta ci si spertica sulla possibile condivisione, sui vari Osservatori da costituire e sul monitoraggio costante per definire gli inevitabili aggiustamenti.
La mente corre veloce alla video conferenza del 10.05.2010 quando, da alcune delle prime 20 sedi sperimentali (Brescia, Frosinone e Lecce), emerse chiaro il bisogno di trasparenza sul “dove si voleva andare a parare”. Domande inevase.
Così come senza risposta è recentemente rimasta la delegazione RSU di Rieti, giustamente preoccupata e venuta inutilmente a Roma per chiedere lumi a una direzione regionale in attesa di ordini (vedi comunicato Lazio 36/2012). Anche allora, soliti palleggiamenti di responsabilità che preludevano ignobili forzature.
A ben guardare però una differenza, peraltro sostanziale, possiamo cogliere tra la prima sperimentazione e quella che si vorrebbe far decollare come un pesce d’aprile.
Ed è ovviamente peggiorativa, perché mentre quella precedentemente imposta è stata effettuata (almeno sulla carta) a costo zero, il nuovo progetto sperimentale lo paghiamo pure formalmente noi, vista l’intenzione di attingere risorse dal Fondo di Ente avanzata in maniera impudente dall’amministrazione.
I programmati piani di attività, i nuovi organigrammi delle direzioni provinciali, le modalità di individuazione e di conferimento degli incarichi, fino alle relazioni con il pubblico tutte da reinventare per sbolognarlo verso gli enti di patronato, fanno parte dello stesso progetto teso al definitivo smantellamento del sistema previdenziale pubblico. Ed un altro passo verso la previdenza complementare.
Dalla grande assemblea di Rieti, che rappresenta uno spartiacque significativo, anche perché ha visto colleghi INPS ed INPDAP finalmente a stretto contatto di gomito uniti dalle stesse problematiche, è emerso l’appello chiarificatore: non è accettabile continuare a fare esperimenti sulla pelle dei lavoratori e dell’utenza.
Mentre accanto a quello di fare per intero il proprio dovere è sorto e si estende a macchia d’olio un nuovo imperativo etico: il dovere della non collaborazione.