LA TRASPARENZA PER QUALCUNO RESTA UN TABU’ ED A PAGARE SONO SEMPRE I DEBOLI
(127/19)
La storia è emblematica di questo periodo. Quando si toccano i potenti a pagare sono sempre i più deboli. E’ accaduto ad un lavoratore INPS della sede di Verona, accusato di aver rivelato i corposi importi di stipendi e pensioni di alcuni alti dirigenti della CISL, tra cui l’attuale segretaria generale Furlan, che si sono costituiti parte civile chiedendo 50.000 euro di danni al lavoratore, come ha riportato il Fatto Quotidiano in un articolo dello scorso 18 dicembre. Paradossale che dei sindacalisti, della CISL in questo caso, che dovrebbero difendere i lavoratori e dovrebbero essere i primi a rivendicare trasparenza nelle retribuzioni, si siano scagliati contro un dipendente dell’INPS per una fuga di notizie relativa ai loro compensi. Il giudice, come si è appreso dal Fatto Quotidiano del 22 dicembre scorso, ha deciso una pesante condanna a sette mesi senza tuttavia pronunciarsi sulla richiesta d’indennizzo economico. Ora potrebbe partire una causa civile con richiesta addirittura maggiore.
Gli stipendi che si sono attribuiti questi oligarchi del sindacato, che in alcuni casi superano la retribuzione del Presidente della Repubblica, ci fanno rabbrividire e puzzano di casta. Perché non essere trasparenti verso gli iscritti e tutti i lavoratori rendendo pubbliche le proprie retribuzioni e pensioni? Forse ci si vergogna rispetto agli stipendi ed agli assegni di pensione percepiti dai lavoratori che si dovrebbero tutelare? Ci si vergogna degli aumenti contrattuali sottoscritti negli anni per gli altri rispetto alla crescita della propria retribuzione? Personaggi pubblici, per di più rappresentati dei lavoratori, non dovrebbero ricorrere alla privacy per nascondere il proprio reddito.
A difesa del lavoratore INPS è sceso in campo nelle scorse settimane Savino Pezzotta, ex segretario CISL, che ha preso carta e penna ed ha fatto un appello a Furlan: “…più che costituirsi come parte lesa i dirigenti della Cisl dovevano fornire spiegazioni e chiarimenti rispetto a ciò che veniva sollevato. Sarebbe un gesto di dignità se ora rinunciassero al ricorso in Tribunale…”. L’appello è caduto nel vuoto.
La USB è per un altro sindacato, da noi non esistono stipendi d’oro, siamo e vogliamo restare lavoratori tra i lavoratori senza nessun trattamento di riguardo o favore. Anni addietro i massimi dirigenti di questa organizzazione pubblicarono le loro buste paga e noi crediamo ancora al sindacato con la S maiuscola. Le prebende e gli accordi a perdere come alla Fiat e nel Pubblico Impiego li lasciamo agli altri, noi preferiamo guardare i lavoratori negli occhi ed a schiena dritta.