L'INPS E LE CAUSE PERSE

Comunicato n. 38/17

Nazionale -

Nei giorni scorsi abbiamo avuto notizia del dispositivo con il quale la Cassazione ha condannato l’INPS rendendo definitiva la sentenza della Corte d’Appello di Roma che riconosceva il diritto della USB a ricevere l’informativa e ad ottenere la consultazione sull’assunzione dei lavoratori interinali avvenuta nel 2006. L’INPS è stato condannato ad € 2.600,00 di spese legali, oltre a spese generali e oneri di legge. Era proprio necessario questo accanimento giudiziario e questo sperpero di denaro pubblico? E quante e quali altre cause l’INPS persegue fino al terzo grado di giudizio soccombendo con conseguenti oneri a carico della collettività?

Quanti saranno i ricorsi che l’INPS perderà per aver tolto l’assegno ordinario d’invalidità ad oltre il 50% dei colleghi a seguito della visita di revisione, sperimentando sulla pelle dei lavoratori un giro di vite che successivamente sarà esteso con molta probabilità alle categorie iscritte ai Fondi speciali, molto invise al presidente dell’Ente, con obiettivi prevalentemente politici?

Ma c’è un caso di particolare gravità che ci riporta con la memoria al 2012, quando i tre delegati nazionali della USB rischiarono il licenziamento per aver denunciato un’illegittimità commessa dall’allora capo del personale dell’INPS. I fatti che vi raccontiamo hanno molto a che fare con quella vicenda e di mezzo c’è ancora una volta quel capo del personale. Una collega in forza alla sede di Crotone nel 2011 ha subito un procedimento disciplinare conclusosi con la sanzione del rimprovero scritto. Per quale motivo? La collega, visionando il curriculum dei dirigenti di ruolo, pubblicato sul sito dell’Istituto, si accorse che il proprio superiore gerarchico risultava aver ricoperto incarichi presso il Ministero dell’Economia prima di transitare all’INPS in mobilità, provenendo da una precedente esperienza lavorativa presso un’amministrazione locale, catalogata come ente economico, dalla quale non sarebbe potuta passare con mobilità diretta al citato ministero. La collega decide di chiedere un accesso agli atti in base alla Legge 241/1990, avendo l’interesse diretto a verificare la legittimità dell’ingresso della dirigente nella pubblica amministrazione, in quanto le decisioni dei dirigenti hanno conseguenze dirette sulla vita professionale dei sottoposti. Non ottenendo risposta, si rivolge al Magistrato della Corte dei conti delegato al controllo dell’Istituto e al Collegio dei Sindaci. Immediata arriva la risposta di diniego dell’accesso agli atti a firma dell’allora capo del personale e scatta il procedimento disciplinare con l’accusa di aver violato i principi di correttezza verso l’amministrazione.

Capito cosa succede all’INPS quando ti azzardi a denunciare o quantomeno a chiedere verifica di presunte illegittimità? E’ notizia di questi giorni della sentenza con la quale la Corte d’Appello di Catanzaro ribalta il giudizio di primo grado del Tribunale di Crotone e dà ragione alla collega, riconosce l’illegittimità della sanzione disciplinare comminata alla dipendente e condanna l’INPS a complessivi € 11.500,00 di spese, oltre agli oneri accessori, per il primo e secondo grado di giudizio. Avete capito bene. Una bella scoppola, che purtroppo pagherà ancora una volta la collettività e non i dirigenti direttamente responsabili.

Abbiamo trasmesso i documenti in nostro possesso agli organi dell’INPS e al capo del personale per le valutazioni e gli interventi di loro competenza. Speriamo che si vada fino in fondo e non si insabbi la vicenda, magari in nome del solito motto “tiene famiglia”, che vale per alcuni ma non conta per i dipendenti che non hanno protezioni altolocate. Se c’è stato un ingresso illegittimo nella pubblica amministrazione si deve agire di conseguenza, perché il fatto risulterebbe davvero grave e il rapporto di fiducia interrotto irrimediabilmente. Sosteniamo con convinzione le ragioni della collega che,  per aver sollevato dubbi di legittimità e chiesto chiarezza e trasparenza, si è ritrovata l’amministrazione contro subendo un’ingiusta sanzione. Che provvedimenti intende assumere l’amministrazione a seguito della sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro? Anche in questo caso ricorrerà in Cassazione con il rischio di un’ennesima figuraccia e di nuove spese legali?