NON BASTANO I VACCINI, SERVE LO SMART WORKING

Nazionale -

(132/21) Siamo ormai all’inizio della quarta ondata della pandemia da coronavirus sul territorio nazionale da quando, a febbraio del 2020, fu diagnosticato a Codogno il primo caso di SARS-CoV-2 su un cittadino non proveniente dalla Cina. In questi ventuno mesi abbiamo imparato a conoscere il distanziamento sociale, i sistemi di protezione individuale come la mascherina chirurgica o la ffp2, mentre il gel igienizzante per le mani è diventato l’oggetto di cui non facciamo più a meno.

Il Covid ci ha portato via amici, colleghi, parenti, anche a causa di una sanità pubblica apparsa impreparata, soprattutto all’inizio, a fronteggiare un evento straordinario come quello dell’attuale pandemia, nonostante l’eccezionale abnegazione del personale sanitario. Decenni di tagli alla spesa pubblica e agli organici, la diminuzione dei posti letto, la chiusura di strutture ospedaliere e di pronto soccorso, la regionalizzazione del sistema sanitario nazionale, hanno prodotto risultati disastrosi che in questi mesi sono apparsi in tutta la loro drammaticità.

Anche la campagna vaccinale è stata al centro di polemiche per una comunicazione a dir poco ondivaga. Vaccini che un giorno andavano bene per gli ultrasessantenni, il giorno dopo venivano sconsigliati per la stessa fascia d’età e indirizzati ad una popolazione più giovane. E via di questo passo. Siamo consapevoli che anche la scienza si sia trovata in difficoltà e che si siano forzati i tempi della sperimentazione per avere pronti prima possibile gli antidoti al virus. Tuttavia, anche questa confusione comunicativa ha contribuito ad ingenerare sospetti, paure, favorendo la diffusione di teorie complottiste. Comunque la si pensi sulla validità dei vaccini da soli non sono sufficienti. Noi li riteniamo ad oggi il principale strumento di difesa dal virus ma siamo anche consapevoli che una parte di lavoratori ha deciso di non vaccinarsi. Occorre mantenere alta la guardia, utilizzare i dispositivi di protezione che abbiamo imparato a conoscere e, soprattutto, applicare il distanziamento sociale ricorrendo allo smart working generalizzato.

Il governo Draghi e il ministro Brunetta con troppa superficialità e fretta hanno interrotto lo scorso 15 ottobre l’utilizzo dello smart working emergenziale, richiamando tutto il personale della pubblica amministrazione in presenza e mantenendo il lavoro da remoto come modalità residuale. Abbiamo immediatamente criticato tale scelta così come quella di affidarsi al green pass per regolare l’accesso negli uffici. Occorre un rapido ripensamento da parte del governo o un’autonoma iniziativa dei vertici dell’INPS per ripristinare immediatamente lo smart working come modalità ordinaria dello svolgimento dell’attività lavorativa, prima che la quarta ondata di coronavirus travolga ottuse decisioni burocratiche. L’attività d’informazione deve essere svolta prevalentemente da remoto e, nei casi necessari, esclusivamente su appuntamento senza accesso libero alle sedi.

All’INPS il lavoro da remoto ha portato ad un incremento della produttività e a risparmi di spesa, tutelando la salute e la sicurezza dei lavoratori che hanno potuto sperimentare una modalità lavorativa da molti apprezzata anche per la possibilità di conciliare meglio le esigenze familiari con i doveri dell’ufficio. Tranne i casi di dirigenti e capi ufficio eccessivamente invadenti e ansiosi di far valere il proprio ruolo, in gran parte l’esperienza è stata positiva. Salvaguardando le attività indifferibili e la scelta di chi, su base volontaria, preferisca continuare a lavorare in presenza, almeno fino a che sarà possibile in base all’andamento della diffusione del virus, riteniamo necessario che fino al termine dell’emergenza sanitaria la modalità principale per lo svolgimento dell’attività lavorativa sia quella da remoto. Torniamo a chiederlo con forza, insieme alla richiesta di tamponi gratuiti per tutti su base volontaria. Questi temi saranno parte della piattaforma dello sciopero che la USB Funzioni Centrali si accinge a proclamare. Prima la salute e la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori.