NUOVI INTRIGHI DI PALAZZO ALL’INPS

Roma -

(103/20) Questa volta non parliamo di dirigenti, capi del personale, direttori generali o presidenti dell’Istituto, come abbiamo fatto in passato denunciando puntualmente le malefatte di cui siamo venuti a conoscenza, rischiando addirittura il licenziamento come atto ritorsivo per essere intervenuti con coraggio e lealtà verso l’Istituto e i suoi lavoratori. Se siamo arrivati ad essere la seconda organizzazione sindacale dell’INPS per rappresentatività, è perché tanti lavoratori e lavoratrici hanno visto nella USB un sindacato pulito, coerente, coraggioso, non ricattabile, capace di schierarsi apertamente contro i vertici dell’Istituto se necessario. Oggi c’è chi tenta di riprodurre a parole e in modo scarsamente credibile la conflittualità espressa dalla USB, una conflittualità non fine a sé stessa ma necessario strumento di lotta sindacale nel momento in cui il confronto non produce i risultati attesi.

Questa volta parliamo di un episodio che ha per protagonisti alcuni lavoratori delle aree professionali, dimostrando ancora una volta che la USB di fronte alle illegittimità non guarda in faccia a nessuno. I fatti sono questi. Sette dipendenti,   ex lavoratori socialmente utili assunti a tempo indeterminato dall’INPS in Area B, alcuni anni fa presentarono ricorso per essere inquadrati in Area C, vincendo il contenzioso in primo grado. L’amministrazione applicò la sentenza, tanto che gli stessi lavoratori ottennero nel 2016 la progressione economica a C2. Tuttavia nel 2019 una sentenza di appello ribaltò il giudizio di primo grado e diede torto ai lavoratori. Anche in questo caso l’amministrazione avrebbe dovuto applicare la sentenza retrocedendo i ricorrenti in Area B, ma non risulta sia stato fatto. Quindi, a tutti gli effetti, i sette lavoratori sono ancora oggi C2, alcuni dei quali anche titolari di posizione organizzativa.

Per tentare di “regolarizzare” la situazione, sembra che sia stato permesso ai sette ricorrenti di presentare domanda di partecipazione ai bandi per il passaggio all’Area C, emanati con messaggio Hermes N. 3034 del 2020, forzando la procedura.

La vicenda è grave per molteplici aspetti e dovrebbe interessare anche il Magistrato della Corte dei conti addetto al controllo dell’INPS. Dai vertici dell’Istituto ci spettiamo immediate spiegazioni e chiarimenti innanzitutto su un punto: perché non si è data applicazione alla sentenza di appello? In quel modo i lavoratori avrebbero potuto partecipare con diritto alle procedure selettive, in quanto sembra che siano tutti laureati, senza ricorrere ai tristemente noti intrighi, sotterfugi e forzature delle regole, che ancora una volta sembrano non valere per chi risulta protetto dai grandi papaveri dell’Istituto.

Ovviamente questa storia non potevamo che raccontarvela noi e non perché gli altri sindacati non siano informati delle malefatte che accadono, ma fanno parte “tutti” del corrotto sistema che va spazzato via una volta per tutte per assicurare pari trattamento e opportunità a tutti i lavoratori dell’INPS e trasparenza degli atti amministrativi. Noi la nostra battaglia la continuiamo, convinti che il cambiamento va costruito nei fatti e non soltanto evocato.