Sciopero P.I. 3 luglio. Stampa "libera": l'intervista che non leggerete mai sui giornali!
Perché la RdB CUB ha proclamato il 3 luglio uno sciopero di 3 ore in tutto il Pubblico Impiego?
Perché abbiamo ritenuto necessario dare una risposta forte ai contenuti del decreto Brunetta, prima che il testo sia definitivamente approvato. Lo sciopero sarà di 3 ore in tutti i comparti del Pubblico Impiego, mentre nella Sanità sarà per l’intera giornata. Lo sciopero sarà preceduto da assemblee nei posti di lavoro e da iniziative di varia natura che coinvolgeranno tutti i settori del Pubblico Impiego e tutto il territorio nazionale. Vogliamo far capire ai lavoratori cosa sta succedendo e le ripercussioni che la legge avrà sul loro salario, sui loro percorsi di carriera, sull’organizzazione del lavoro.
Era proprio necessario ricorrere allo strumento dello sciopero?
Chiunque abbia letto con un minimo di attenzione l’ultima versione del decreto si è reso immediatamente conto della portata della “rivoluzione” che il Ministro intende adottare. Se il testo dovesse passare così com’è non solo i lavoratori pubblici pagheranno un prezzo altissimo, ma si arriverà in brevissimo tempo alla “desertificazione” della Pubblica Amministrazione.
Ma che cos’è il decreto Brunetta?
E’ un decreto legislativo in attuazione della legge delega n° 15/2009 che riprende i contenuti del piano industriale presentato dal ministro all’indomani della sua nomina.
Quali sono i contenuti del decreto che secondo la RdB meritano necessariamente di una risposta da parte dei lavoratori?
Secondo noi è da respingere l’intero impianto. Infatti dietro il miraggio dell’efficienza e della trasparenza della Pubblica Amministrazione si nasconde il vero scopo di tutta questa operazione: dimostrare che i lavoratori pubblici sono improduttivi e quindi licenziabili, che ci sono strutture pubbliche inefficienti e quindi da sopprimere per arrivare ad una pubblica amministrazione, non snella, ma ridotta all’osso, al servizio esclusivo delle imprese, che fornirà servizi sociali di sussistenza ai cittadini e regalerà al privato la gestione, dietro pagamento, di tutto il resto.
Ma non avete paura di essere tacciati come quelli che difendono l’inefficienza della Pubblica Amministrazione e l’improduttività dei pubblici dipendenti?
Assolutamente no! Abbiamo sempre denunciato con forza, in tutte le occasioni i mali della Pubblica Amministrazione. Sappiamo anche noi che ci sono molte cose che non vanno. Ma conosciamo anche le cause della malattia ed abbiamo cercato di fornire le medicine giuste. La lotta per la stabilizzazione dei precari pubblici è nata non solo dalla giusta rivendicazione del diritto al lavoro, ma anche dalla consapevolezza che questi lavoratori consentono alle strutture pubbliche di continuare ad erogare i servizi all’utenza. Abbiamo denunciato la “mala sanità” pubblica attraverso la pubblicazione di libri bianchi inviati alla Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica, evidenziando che non sono i lavoratori responsabili dell’inefficienza, ma gli sprechi determinati dal sistema degli appalti e delle esternalizzazioni, come è emerso dai casi di cronaca degli ultimi anni. Abbiamo pubblicato un dossier sulla giustizia dove oltre ad aver evidenziato come le continue riforme in materia invece di accelerare i tempi della giustizia, paradossalmente li dilatano, segno evidente della volontà precisa di non farla funzionare, abbiamo formulato proposte costruttive per modificare lo stato di cose. Gli esempi potrebbero continuare all’infinito e riguardano tutti i settori, dalla previdenza al fisco, dalle amministrazioni locali alla difesa. Anche le nostre battaglie condotte contro i tagli alla spesa pubblica e contro il blocco delle assunzioni vanno proprio in questa direzione.
Ma non ritenete che sia necessaria una differenziazione stipendiale dei lavoratori pubblici in base alla loro produttività?
Innanzitutto vorremmo sottolineare come attualmente siano già previste all’interno dei contratti del pubblico impiego delle disposizioni che permettono di differenziare il salario accessorio dei dipendenti sulla base dei risultati raggiunti. Ma vorremmo anche sottolineare come i compensi del sistema premiante, i cosiddetti premi di produttività, siano finanziati in buona parte non con soldi freschi, ma con parte degli aumenti contrattuali che, anziché essere destinati all’incremento tabellare, confluiscono nei fondi per il salario accessorio delle pubbliche amministrazioni. Ma vorremmo andare oltre queste, per noi essenziali, considerazioni. Le graduatorie previste da Brunetta, che dividono i lavoratori tra buoni, meno buoni e cattivi, in base ad un concetto di meritocrazia del tutto opinabile, creeranno inevitabilmente disfunzioni organizzative a totale scapito della produttività. Come è pensabile poter affermare senza ripercussioni sull’attività lavorativa che in una struttura pubblica di cento persone solo 25 siano meritevoli dell’intero compenso? E’ del tutto evidente che il fine ultimo non è quello di produrre maggiore efficienza o migliore servizio all’utenza…
E’ un dato di fatto però che l’utenza molto spesso si lamenta del servizio reso dalla Pubblica Amministrazione…
Bisogna innanzitutto sfatare anche questa sorta di “leggenda metropolitana” e l’autogol di Brunetta sugli emoticons all’Inps lo dimostra in maniera inequivocabile: il 91% delle risposte fornite dagli utenti ha dato un giudizio positivo nei confronti del servizio reso dall’Ente previdenziale. Ma anche in questo caso cerchiamo di dare una risposta più articolata. Se un qualsiasi cittadino si reca in un servizio pubblico e non riceve una risposta adeguata alle sue esigenze, inevitabilmente si “incazza” con chi gli sta di fronte, che nella maggior parte dei casi è l’operatore allo sportello. Ma quanti, tra la minoranza insoddisfatta, sanno che nella stragrande maggioranza dei casi la risposta non viene data nei modi e nei tempi attesi a causa di leggi farraginose, o della mancanza di formazione degli operatori, o della carenza di macchinari che non possono essere acquistati per mancanza di fondi, o del malfunzionamento delle procedure informatiche, o della carenza di personale che dilata i tempi di risposta? Quanta parte di questa utenza sa di trovarsi di fronte a lavoratori precari, molto spesso subappaltati, che non hanno ricevuto neanche un’adeguata formazione o a lavoratori “mansionisti”, costretti cioè a fornire prestazioni a cui non sono tenuti e per le quali non vengono retribuiti?
Il decreto Brunetta investe la dirigenza pubblica di nuove responsabilità. Qual è la vostra opinione a riguardo?
La normativa che viene introdotta dal decreto sulla dirigenza ci preoccupa e non poco. La dirigenza della pubblica amministrazione è una dirigenza quasi totalmente lottizzata e legata mani e piedi ai poteri sindacali e politici di riferimento. Oggi, con le nuove regole, questa dirigenza, che avrà il potere di decidere salario, percorsi di carriera ed anche posti di lavoro dei dipendenti pubblici, si troverà a doversi assumere quelle responsabilità che non è mai stata capace di assumersi. Non è difficile immaginare che per non essere colpita in prima persona non esiterà a colpire i lavoratori. Su questo i dipendenti pubblici devono riflettere, ed attentamente. Nessuno pensi di essere tra gli eletti perché, una volta incrinata la solidarietà tra lavoratori, non ce ne sarà più per nessuno…
Ma le altre Organizzazioni Sindacali?
A parte qualche vagito della CGIL non ci sembra di aver udito grida di dissenso nei confronti dell’operato del Ministro. Qualche ritocco al decreto, senza modificarne l’impianto complessivo, sarà ritenuto sufficiente a dimostrare di aver avuto un ruolo nella questione. Del resto non scordiamoci che la riforma Brunetta è legata a filo diretto con i contenuti del Memorandum siglato da Cgil, Cisl, e Uil.
E quindi?
E quindi crediamo di aver spiegato in maniera più che dettagliata le ragioni del nostro sciopero e rivolgiamo un appello a tutti i lavoratori pubblici: ribelliamoci a questo futuro prima che diventi presente, scioperiamo compatti il 3 luglio e partecipiamo a tutte le iniziative messe in atto per contrastare il decreto. Difendiamo il nostro salario, la nostra carriera, il nostro posto di lavoro, lo stato sociale prima che sia troppo tardi!