Togliere i lacci all’attività di vigilanza, restituire ruolo e autonomia a Inps e Inail
La presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni all’inizio del suo mandato lo aveva detto chiaramente: “Non bisogna disturbare chi produce ricchezza in questo Paese”. E quello che sta accadendo intorno all’attività di vigilanza ispettiva sembra la diretta conseguenza di quell’affermazione, tanto da far pensare che si stia cercando il modo di ostacolare i controlli nei confronti delle imprese invece di favorire la lotta all’evasione e al lavoro nero.
Tra un conflitto d’interessi e l’altro, la coppia professionale e di vita Calderone e De Luca occupa rispettivamente la poltrona di Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e quella di Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, ente vigilato proprio dal Ministero del Lavoro. Un affare di famiglia, dunque. Con il nuovo Governo, a capo dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) è tornato Paolo Pennesi, già Direttore generale dell’Ispettorato tra il 2015 e il 2018 e Direttore generale del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro tra il marzo 2019 e il febbraio 2020. Dunque, uno stretto legame quello tra Pennesi, Calderone e De Luca.
Lo scorso 29 marzo l’INL, rappresentato dal Direttore generale Paolo Pennesi, e il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, guidato da Rosario De Luca, hanno sottoscritto un protocollo che pone dei vincoli stringenti agli ispettori dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e quindi, di conseguenza, agli ispettori di vigilanza dell’INPS e dell’INAIL, dal momento che l’INL ha assorbito le competenze dei due enti anche se il personale è rimasto alle dipendenze delle proprie amministrazioni, confinato in un ruolo ad esaurimento.
Cosa prevede l’attuale protocollo rispetto al precedente, sottoscritto il 9 marzo 2016 dallo stesso Paolo Pennesi per conto dell’Ispettorato e da Marina Elvira Calderone, all’epoca Presidente del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Consulenti del Lavoro? In buona sostanza, il precedente protocollo prevedeva che i Consulenti del Lavoro rilasciassero un’asseverazione contributiva su richiesta delle singole imprese, una specie di certificato di regolarità contributiva e retributiva redatto dal Consulente che, ricordiamolo, è scelto e retribuito dall’impresa, quindi difficilmente gli può essere riconosciuto uno status di terzietà rispetto all’imprenditore, nei confronti del quale, oltretutto, è tenuto a mantenere il segreto professionale, secondo quanto indicato all’art. 6 della Legge 11 gennaio 1979, N. 12.
Già all’epoca, quindi, la scelta di delegare ai Consulenti una certificazione di conformità contributiva e retributiva puzzava di bruciato; oltretutto quel protocollo prevedeva che l’Ispettorato indirizzasse gli ispettori nelle aziende sprovviste dell’asseverazione rilasciata dal Consulente, mettendo così al sicuro coloro che avessero chiesto la certificazione.
Nel nuovo protocollo il ruolo dei Consulenti diventa ancora più stringente:
- entreranno a far parte del Centro Studi Attività Ispettiva e del Gruppo di lavoro di nuova istituzione, che dovrà occuparsi di esaminare le criticità riscontrate nell’ambito dell’attività di vigilanza e di consulenza aziendale;
- presenzieranno all’accertamento in azienda effettuato dagli ispettori che, in base all’art. 8 del nuovo protocollo, dovranno evitare di “turbare” l’attività produttiva e ostacolare l’interesse di soggetti terzi presenti nel luogo dell’ispezione;
- riceveranno il verbale di primo accesso ispettivo entro sette giorni dall’accertamento.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro e il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro con il protocollo del 29 marzo 2023 s’impegnano, inoltre, a costituire l’Osservatorio della legalità, a scambiarsi informazioni e dati relativamente alle ispezioni e ai fenomeni d’illegalità riscontrati, a collaborare in modo costante rispetto all’attività di accertamento, a contrastare l’abusivismo professionale.
Insomma, se si va oltre la facciata e gli aspetti formali del documento, si comprende bene che la volontà della premier “di non disturbare chi produce ricchezza” trova una preoccupante ricaduta nel citato protocollo: l’attività ispettiva di fatto è messa sotto tutela di chi rappresenta gli interessi dell’impresa, che potrà accedere a informazioni, dati, esercitare pressioni nel corso dell’attività ispettiva e in quella preparatoria, tentare d’indirizzare l’attività dell’Ispettorato. Il tutto è intollerabile per chi ha a cuore l’interesse dei lavoratori che, se vogliamo dirla tutta, sono quelli che effettivamente producono ricchezza con retribuzioni spesso non adeguate al lavoro svolto e in condizioni di sfruttamento.
Non solo non va bene il protocollo del 29 marzo 2023, e va contrastato in tutti i modi, ma occorre ripensare le scelte legislative che, con la scusa di razionalizzare l’attività ispettiva, hanno tolto ruolo e autonomia alla vigilanza svolta da INPS e INAIL, tentando di marginalizzare gli ispettori di vigilanza dei due enti. E invece in queste ore sembrerebbe vanificato il rientro dell’Ispettorato all’interno del Ministero del Lavoro, come previsto in una bozza di decreto, una pessima notizia se confermata.
È necessario arrivare finalmente alla cancellazione del ruolo ad esaurimento degli ispettori di vigilanza di INPS e INAIL, restituendo agli enti autonomia e la possibilità di assumere personale per questa funzione. Solo una vigilanza diversificata, fortemente professionalizzata, che collabori, ciascuno per la propria parte, alla tutela dei lavoratori, potrà restituire peso a questa funzione dal grande valore sociale.
USB Pubblico Impiego INPS - INAIL
Roma, 5 aprile 2023