TRA GIOCHI DI PRESTIGIO E CLAUSOLE VESSATORIE I DISASTRI DELLA DC PIANIFICAZIONE – IL CASO NASPI

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(102/21) Sosteniamo da anni, e lo abbiamo fatto anche nei giorni scorsi, che il sistema di misurazione della produttività e della qualità in Inps è inadeguato: astruso, incomprensibile, vessatorio per i lavoratori e completamente slegato dall’utilità sociale. Una buona organizzazione aziendale dovrebbe essere basata su obiettivi chiari, comprensibili a tutti, condivisi e ragionevoli. Obiettivi individuati in base alle necessità sociali e non con criteri da azzeccagarbugli.

Troppo spesso vediamo dirigenti persi all’inseguimento del cruscotto qualità, dimenticandosi della qualità del servizio da offrire ai cittadini. Basti pensare all’abusato criterio per cui un prodotto è valorizzato al massimo se definito tempestivamente e “scade” a valori infimi al trascorrere di intervalli di tempo anche relativamente brevi. Ciò induce alla trattazione immediata delle pratiche semplici e all’accantonamento a tempo indeterminato di quelle il cui rendimento è ormai carta straccia. Alla faccia del “buon andamento della pubblica amministrazione” previsto dalla costituzione e dei diritti di quei cittadini che hanno la sventura di attendere una prestazione poco remunerativa in termini di “punti omogeneizzati”.

Altra disdicevole pratica indotta da questo perverso sistema è la chiusura negativa (con respinta) di pratiche prossime alla scadenza, che vengono successivamente riesaminate. Poco importa ai pianificatori della pessima immagine dell’Istituto che si offre ai cittadini.

Pianificazione e controllo di gestione dovrebbero essere al servizio degli obiettivi sociali dell’Istituto ma spesso si arriva all’effetto paradosso per cui sono coefficienti e parametri astratti a governare (si fa per dire) destini e fortune.

I lavoratori sono schiacciati tra richieste di produzione sempre più pressanti da parte di capi processo e dirigenti che si trovano, più o meno consenzienti, a dover interpretare il ruolo dell’aguzzino, a cascata dalla DC Pianificazione fino all’ultimo esecutore, solitamente mansionista.

Fare quotidianamente il proprio dovere, con serietà e senso di responsabilità verso il paese, non è sufficiente perché un lavoratore abbia riconosciuta la giusta retribuzione. Ogni anno alcune sedi si trovano nella scomoda posizione di capro espiatorio a cui si taglia parte dell’incentivo. Il sistema dei cosiddetti cluster, per cui si confrontano i risultati delle diverse sedi e si penalizzano quelle al di sotto della media – e dove c’è una media c’è per forza un sopra e un sotto – è costruito appositamente per lasciare qualcuno con il cerino in mano.

Un brutto gioco a prescindere ma l’Amministrazione non si accontenta e spesso gioca sporco, con cambiamenti di regole in corso di partita. È infatti frequente la modifica dei coefficienti riconosciuti a determinati prodotti in corso d’anno, con conseguente modifica al rialzo degli obiettivi da raggiungere.

Ultimo esempio a nostra conoscenza di queste inaccettabili forzature è il messaggio Hermes 2768 del 29 luglio che, a seguito dell’avvio del progetto di definizione automatica delle pratiche di Naspi, laconicamente stabilisce che “è necessario escludere dal calcolo dell’indicatore del Cruscotto Qualità TEMPO PONDERATO NASPI ACCOLTE le domande definite in automatico. Nulla cambia nel calcolo dell’indicatore”.

Gli operatori dovranno quindi definire a mano le sole pratiche spazzatura, scartate dalla procedura automatica, con inevitabile allungamento dei tempi medi e conseguente peggioramento dell’indicatore di qualità. Peggioramento della qualità del lavoro, maggiori pressioni dei responsabili e magari alla fine la beffa di una valutazione individuale negativa e un taglio all’incentivo. Veramente pensate di poter andare avanti così? Cambiamo il sistema di rilevazione della produttività, mettiamo in sicurezza l’incentivo dei lavoratori. Una parte importante della retribuzione non può essere affidata al caso, agli umori di chi programma e pianifica l’attività, alla tagliola necessaria a giustificare la bontà del sistema e, prossimamente, al giudizio discrezionale dei dirigenti attraverso le famigerate pagelline.