Un 1 Maggio per spezzare le catene
Turni di 12 ore al giorno, paga oraria che varia dai 2 a 3,5 euro, per la maggioranza di loro in nero e con assicurazioni ridotte, è la condizione di questi lavoratori immigrati dal Bangladesh e questo avviene nel “silenzio assordante”, per non dire complice della grandi marche ma anche delle istituzioni e di quanti sono preposti alla vigilanza ed al controllo del rispetto delle leggi.
Primo maggio 2017: il sindacato di base da Milano a San Severo in provincia di Foggia è sceso in piazza con manifestazioni alternative a quelle di cgiciluil e per denunciare la reintroduzione nel paese di condizioni lavorative semi schiavistiche e sempre peggiori ma anche per ricordare a tutti che la difesa dei diritti e la dignità, del e nel lavoro, è una battaglia di ogni giorno e non solo un qualcosa da ricordare in occasione della festa del primo maggio.
A Milano la manifestazione del primo maggio ha puntato il dito contro le nuove schiavitù del mondo del lavoro, contro il salva Italia che permette ai centri commerciali di rimanere sempre aperti, al massacro dei lavoratori della logistica e nelle nuove forme di lavoro precario e sottopagato, allo sfruttamento della migrazione come lavoro a costo quasi zero.
A San Severo si è svolta la manifestazione dei braccianti per denunciare le nuove forme di sfruttamento, di caporalato e l’avanzare di un lavoro di tipo schiavista dentro i capannoni dove si lavora per le grandi firme della moda come denunciato nell’ultima puntata di piazzapulita.
Turni di 12 ore al giorno, paga oraria che varia dai 2 a 3,5 euro, per la maggioranza di loro in nero e con assicurazioni ridotte, è la condizione di questi lavoratori immigrati dal Bangladesh e questo avviene nel “silenzio assordante”, per non dire complice della grandi marche ma anche delle istituzioni e di quanti sono preposti alla vigilanza ed al controllo del rispetto delle leggi.
Questa realtà è frutto delle politiche volute dal governo e da Confindustria che potendo contare sulla complicità dei confederali stanno applicando i diktat della troika europea ma anche della sfruttamento derivante dall’organizzazione di una filiera produttiva sempre più frantumata a causa della destrutturazione del lavoro dovuta alle politiche neoliberiste.
Oggi, nella giornata dedicata al lavoro, i mass media mentre enfatizzano la vittoria di Renzi alle primarie del PD, il quale per ricordare il 1 maggio ha nuovamente rivendicato la bontà del jobs act, restano silenti sulle manifestazioni di piazza dei sindacati di base che stanno denunciando l’avanzare, grazie allo stesso job act, di queste nuove forme di schiavitù e di mercificazione del lavoro.
Al massimo spendono qualche riga per dare notizia dell’iniziativa di cgilcisluil alla Portella della Ginestra in Sicilia e del concertone del primo maggio, peraltro finanziato da quelle cooperative che stanno licenziando centinaia di lavoratori in Toscana.
Il fallimento del Jobs Act è sotto gli occhi di tutti. Sgravi contributivi a pioggia per le imprese e riduzione delle tutele per i lavoratori, taglio dei salari ed aumento dell’orario reale. Aumento dei licenziamenti disciplinari con un incremento del 30% sul 2016 e della precarietà, del lavoro nero e dei morti sul lavoro (197 nel primo trimestre 2017 con un aumento del +2,4 sullo stesso periodo del 2016. Dati dell’osservatorio indipendente di Bologna).
Questa situazione conferma che per cambiare questo stato di cose e ridurre le disuguaglianze sociali, è necessario uscire dalla gabbia impostaci dalla EU e dall’Euro, uscire dalla Nato e ridurre (cancellare) le spese militari per investire in ricerca, innovazione e servizi sociali, ma anche batter questo PD che ha rimesso in sella Renzi che è stato il più feroce esecutore della indicazioni provenienti dalla troika