MANOVRA ECONOMICA TRIENNALE: PENSIONI E PUBBLICO IMPIEGO SEMPRE NEL MIRINO
Comunicato n. 33/11
Entro pochi giorni sarà definita la manovra economica pluriennale che dovrà portare al pareggio di bilancio entro il 2014. Una manovra complessiva di 43 miliardi secondo il governo, mentre altre fonti parlano della necessità di trovare 50/60 miliardi tra risparmi e nuove entrate per tentare di rimettere i conti pubblici in ordine.
PENSIONI
- Dopo l’introduzione della finestra mobile prevista dalla manovra dello scorso anno, che ha già allungato di 1 anno l’età per l’uscita dal lavoro, sembra che si torni ancora una volta ad intervenire sulle pensioni con il probabile anticipo al 2013 dell’aumento di tre mesi dell’età necessaria per le pensioni di vecchiaia e anzianità (35 anni), adeguandola all’aspettativa di vita. Un meccanismo introdotto con il DL 78/2009 (trasformato nella Legge 102/2009), che prevedeva dal 2015 un incremento graduale dell’età per la pensione secondo calcoli legati all’aumento dell’età media e alle speranze di vita. Una riforma fatta seguendo un criterio piuttosto opinabile che mira in realtà a spostare sempre più in là il limite minimo di età per andare in pensione fino ad arrivare a 70 anni nel 2050.
- Si parla anche di un probabile aumento a 65 anni dell’età per la pensione di vecchiaia delle donne del lavoro privato, a partire dal 2015, mentre per le donne del pubblico impiego il provvedimento è stato deciso con decorrenza 2012 già nella manovra dello scorso anno.
CONTRATTI DIPENDENTI PUBBLICI
- Si ipotizza un ulteriore prolungamento del blocco dei contratti fino al 2014 (almeno per il momento…), peraltro apparso già chiaro nel Decreto Sviluppo, preparandosi così a scippare ai lavoratori pubblici il secondo contratto di fila dopo quello del triennio 2010-2012.
GESTIONE SEPARATA
- All’orizzonte un nuovo aumento dell’aliquota contributiva per i parasubordinati che arriverebbe al 33%.
RETRIBUZIONI
- Il taglio del 5% delle retribuzioni superiori a 90.000 euro, previsto dalla manovra dello scorso anno, sembra che sarà applicato anche per la parte eccedente i 50.000 o 75.000 euro, a seconda delle fonti d’informazione.
ASSUNZIONI
- Si ipotizza un’ulteriore stretta sulle assunzioni nel pubblico impiego.
SPESE DEI MINISTERI E DELLA SANITA’
- Riduzione delle spese di funzionamento e introduzione dei costi standard.
CHIUSURA ENTI
- Si torna a parlare di chiusura e/o accorpamento degli enti. Ad uno stato avanzato la proposta di accorpare ICE e ENIT, mentre si torna a parlare di una fusione INPDAP e INPS.
RIFORMA DETRAZIONI IRPEF E DETRAZIONI FISCALI
- Il passaggio da 5 a 3 fasce di contribuzione fiscale agevolerebbe i redditi più alti, che andrebbero a risparmiare oltre 3.000 euro di tasse, mentre chi guadagna 28.000 euro risparmierebbe solo 60 euro l’anno. La riforma del fisco sarebbe finanziata dall’aumento dell’IVA e dai tagli alle detrazioni e deduzioni fiscali per 11 miliardi l’anno.
Se queste anticipazioni dovessero trovare conferma, ci troveremmo ancora una volta di fronte un governo che scarica sul lavoro dipendente e sul pubblico impiego in particolare i costi di una crisi che ha prima negato e poi gestito con iniziative che hanno depresso i consumi. Al governo non serve nemmeno più la giustificazione della tenuta dei conti per attaccare il diritto alla pensione, ma agisce saccheggiando risorse e diritti in pieno clima da Far West. L’opposizione dei lavoratori pubblici a queste nuove iniziative deve essere totale. Occorre rivalutare il sistema previdenziale pubblico, avanzare proposte per un Fisco che tuteli le retribuzioni dei dipendenti e concordare norme sulla Rappresentanza che favoriscano una partecipazione realmente democratica dei lavoratori. L’USB ha presentato due proposte di Legge d’iniziativa popolare su Fisco e Rappresentanza, sostienile con la firma.
NON ASPETTIAMO D’AVER PERSO PER DECIDERCI AD AGIRE.
ORGANIZZIAMOCI CON L’UNIONE SINDACALE DI BASE.