INPS, USB CHIEDE LE DIMISSIONI DEL PRESIDENTE E DEL D.G. - IN 700 PROTESTANO A ROMA DAVANTI ALLA DIREZIONE GENERALE - PARTITA LA CAMPAGNA NAZIONALE "LIBERIAMO L'INPS"
Comunicato n. 11/16
Oltre 700 lavoratrici e lavoratori dell’INPS hanno partecipato venerdì scorso alla manifestazione nazionale organizzata dalla USB davanti alla Direzione generale dell’ente previdenziale per dare il via alla Campagna nazionale “LIBERIAMO L’INPS”.
L’obbiettivo della Campagna è aprire una grande vertenza per restituire valore alla previdenza pubblica e ruolo all’INPS.
Dai prossimi giorni davanti alle sedi dell’Istituto partirà una raccolta di firme che interesserà dipendenti e cittadini utenti su una petizione indirizzata a Governo e Parlamento che conterrà alcune sostanziali proposte:
- una governance che assicuri all’INPS un governo collegiale indipendente da politica e sindacati;
- un intervento legislativo che abbassi l’età pensionabile, assicuri pensioni pubbliche dignitose e la piena perequazione di quelle attuali;
- la rimozione del Presidente e del Direttore generale dell’INPS, nominati in difetto dei requisiti richiesti dalle norme e, per quanto riguarda il Direttore, in conflitto d’interesse per il mancato pagamento di 40 milioni di contributi da parte dell’ENEL nel periodo in cui il dirigente dell’INPS era capo del personale di quell’azienda;
- la reinternalizzazione delle attività di informatica e vigilanza e dei servizi affidati a soggetti esterni;
- l’implementazione dell’organico e nuove assunzioni.
Dopo alcuni interventi dal camion-palco allestito nel piazzale su cui affacciano gli uffici del Presidente e del Direttore generale dell’INPS, i manifestanti hanno dato vita ad un corteo interno ostacolato dalle forze di polizia fatte entrare nella sede di Via Ciro il Grande. Dopo attimi di tensione, senza alcun incidente per la compostezza dimostrata dai manifestanti nel non raccogliere una evidente provocazione, il Presidente ha acconsentito a ricevere una delegazione di lavoratori.
Per prima cosa abbiamo chiesto al Presidente di rassegnare le dimissioni e di chiedere al Direttore generale, nel frattempo sospesosi dal servizio, di fare altrettanto. Il Presidente, com’era prevedibile, ha dimostrato di non gradire la richiesta. Abbiamo inoltre rappresentato i diversi temi alla base dell’iniziativa del 19 febbraio oltre a quelli già richiamati in precedenza, ponendo l’attenzione sul fenomeno del mansionismo con la richiesta di passaggi sia economici all’interno delle aree che giuridici da un’area all’altra e sull’esigenza di stabilizzare il personale in comando all’INPS.
Il Presidente si è limitato a prendere appunti e non ha replicato, asserendo di essere atteso ad un altro incontro e di trovare difficile l’apertura di un confronto di fronte alla richiesta di sue dimissioni. Boeri ha dimostrato di non saper distinguere tra una legittima posizione politica del sindacato come quella della richiesta di dimissioni e l’obbligo istituzionale per il vertice di relazionarsi comunque con un sindacato che rappresenta una buona parte dei lavoratori dell’ente, essendo USB il secondo sindacato all’INPS.
Prima di allontanarsi il Presidente ha trovato però il tempo per accusare la USB di aver esercitato violenza contro la sua persona in almeno due occasioni: alla conferenza stampa di presentazione de “la mia pensione”, per aver protestato contro quel progetto ed aver interrotto il suo intervento, nonché alla “giornata nazionale della previdenza” a Napoli, per essere stato costretto ad avere uno striscione della USB alle spalle dove c’era scritto “Pensioni pubbliche dignitose per tutti”. E questa sarebbe violenza?
Fare entrare le forze di polizia nell’Istituto per frapporsi a lavoratori dell’ente che stanno protestando in modo civile, come è accaduto lo scorso 19 febbraio, non è violenza? Barricarsi dietro le porte a vetri blindate per impedire ai lavoratori di esprimere la propria protesta direttamente ai vertici dell’ente non è forse un segnale di autoritarismo e di violenza? Obbligare i lavoratori all’esercizio di mansioni superiori senza alcun riconoscimento, non è violenza?
Dalla piazza del 19 febbraio è arrivato chiaro il segnale di voler voltare pagina. Basta riorganizzazioni calate dall’alto ed appaltate a questa o a quella società esterna. Basta con i monarchi all’INPS, per giunta senza titolo. Basta con i favori alla previdenza privata. Rivalutare il sistema previdenziale pubblico è una necessità per evitare in futuro una società con masse di anziani pensionati indigenti.