UN ACCORDO CONTRO I LAVORATORI

Milano -

L’accordo sul nuovo modello contrattuale firmato il 22 gennaio scorso è un accordo contro i lavoratori italiani, sia pubblici che privati, che scaricherà sulle loro spalle i costi pesanti della crisi economica, attraverso una serie di modifiche peggiorative dell’attuale sistema contrattuale derivante dall’accordo del luglio 1993.

 

Il contratto nazionale di lavoro viene sostanzialmente svuotato, spostando sulla contrattazione di secondo livello gli incrementi retributivi legati alla produttività, come va chiedendo da tempo Confindustria, e privato così della funzione fondamentale di difesa del potere d’acquisto dei salari e di tutela dei diritti di tutti i lavoratori del settore, dal momento che potrà essere derogato a livello decentrato e territoriale. Il tasso di inflazione programmata sarà sostituito da un generico ed evanescente indice IPCA (Indice dei prezzi al consumo armonizzato), legato all’inflazione europea, che per di più non sarà applicato alla retribuzione contrattuale, ma ad un valore retributivo ancora da definire. La previsione di questo indice IPCA è rimessa ad un soggetto terzo, mentre la verifica degli scostamenti del tasso reale da quello previsionale è rimessa alle parti; tuttavia mentre per i lavoratori privati eventuali recuperi saranno corrisposti nel corso della vigenza triennale, per quelli pubblici slitteranno sul triennio successivo.

 

Un nuovo sistema di relazioni sindacali all’insegna della cooperazione, che dovrà soppiantare la concertazione, che pure in questo quindicennio ha fatto precipitare i salari italiani al più basso livello nell’Unione Europea, e si baserà sui cosiddetti enti bilaterali, in cui siederanno rappresentanti delle imprese e dei sindacati cooperativi per gestire “servizi integrativi del welfare”.

Con il pretesto di garantire una tempestiva conclusione delle trattative per i rinnovi contrattuali, i negoziati saranno blindati, attraverso opportuni strumenti, come la tregua sindacale, che impedirà ogni mobilitazione durante la fase negoziale e, in caso di mancato accordo, una sorta di “commissariamento” delle categorie attraverso l’intervento del livello confederale.

 

La contrattazione di secondo livello che, va sottolineato, copre solo il 30% dei lavoratori del settore privato, riguarderà aumenti retributivi legati esclusivamente ad incrementi di produttività, con i quali si tenterà di compensare la ridotta copertura del contratto nazionale e, secondo i firmatari dell’intesa, dovrà assumere sempre maggiore peso, in virtù di un’auspicata politica di detassazione ed incentivazione fiscale. Immaginare uno sviluppo della contrattazione integrativa in una fase di recessione economica come quella attuale è pura follia; in realtà l’obiettivo che si vuole perseguire è quello di spostare risorse dal contratto nazionale a quello di secondo livello e premiare così solo i lavoratori più produttivi. Per il pubblico impiego si rafforza il concetto che le risorse per i contratti integrativi sono soggette ai vincoli di bilancio delle leggi finanziarie, e dunque sono sottratte ad un negoziato vero e proprio.

I contratti stipulati secondo questo accordo-quadro dovranno altresì definire nuove regole in materia di rappresentanza sindacale: in altri termini, saranno gli stessi soggetti firmatari dei contratti a decidere anche chi può essere considerato rappresentativo e chi no, e individuare i sindacati abilitati a proclamare gli scioperi al termine della tregua sindacale. E’ del tutto evidente l’adesione delle organizzazioni firmatarie alla deriva di stampo autoritario che sta prendendo piede nel paese e che mira a colpire ogni area di dissenso e di antagonismo sociale. E’ prevista, inoltre, l’ennesima ridefinizione dei comparti delle categorie allo scopo di limitare la presenza e l’azione del sindacalismo di base e indipendente.

 

L’obiettivo di questo accordo è fin troppo evidente: far pagare ai lavoratori i costi della crisi, attraverso il progressivo impoverimento delle loro retribuzioni, tanto nel pubblico impiego, quanto nel settore privato. Si tenterà nel contempo di colpire chi si oppone a questa grave involuzione antidemocratica e vuole impedire che i lavoratori siano lasciati privi di strumenti contrattuali a difesa dei propri diritti e delle retribuzioni.

 

La RdB è pronta a respingere questo accordo, così come ha contrastato l’accordo del 1993 sulla concertazione, e proseguirà nella mobilitazione che ci ha visti protagonisti nei mesi scorsi.

 

 

 

Coordinamento regionale RdB-CUB INPS Lombardia