INTERVENTO NAZIONALE RdB ALLA VIDEOCONFERENZA DEL 10 MAGGIO 2010 SULLA RIORGANIZZAZIONE

IN ALLEGATO IL TESTO DELL'INTERVENTO NAZIONALE DELLA RdB LETTO NEL CORSO DELLA VIDEOCONFERENZA DI OGGI, 10 MAGGIO, SULLA RIORGANIZZAZIONE DELL'INPS.

Nazionale -

 

Un modello organizzativo si cambia quando si considera superato, perché non soddisfa più le esigenze di produttività e di qualità. Il modello organizzativo per processi, al contrario, anche in tempi recenti ha assicurato il governo dell’attività e un significativo aumento della produzione. Le motivazioni del cambiamento dell’assetto organizzativo delle sedi INPS vanno, dunque, cercate altrove.

Ci si permetta così di dedicare la prima parte del nostro intervento ad un esame generale del contesto nel quale va a collocarsi il nuovo modello organizzativo che, è bene ricordarlo da subito, non abbiamo condiviso in nessuna delle sue fasi, rifiutandoci di sottoscrivere gli accordi applicativi, perché abbiamo registrato la mancanza di un vero confronto sindacale e di un necessario percorso di condivisione che interessasse tutti i lavoratori dell’Ente. Sin dal dicembre 2008 la RdB aveva sollecitato l’amministrazione a coinvolgere tutto il personale in un eventuale processo di cambiamento. La videoconferenza di oggi è una risposta alle nostre richieste ma arriva in ritardo. Tuttavia vogliamo considerare questa occasione come l’avvio di un serio confronto e di un possibile ripensamento dell’amministrazione. Finora ci siamo trovati di fronte ad una scelta unilaterale, anche se qualche organizzazione sindacale ha ritenuto di condividerla in tutto o in parte, per di più appaltata all’esterno, a quella KPMG che ha già utilizzato lo stesso modello organizzativo per le Agenzie Fiscali. Si dirà: cosa c’è di strano se è un modello che funziona? Ravvisiamo invece in questa scelta il pericolo di una progressiva perdita di autonomia da parte dell’INPS, peraltro già evidente, attraverso la paventata composizione di un polo pubblico formato da tre agenzie: quella fiscale, quella previdenziale (INPS e INPDAP) e quella assicurativa(INAIL), alle dipendenze del Ministero del Lavoro. Abbiamo sempre denunciato il pericolo di affidare alla gestione ed al controllo della politica le banche dati in possesso dell’INPS. Un eventuale assetto degli enti in tal senso darebbe definitivamente corpo ai nostri allarmi.

Non si può, quindi, esprimere un giudizio sulla riorganizzazione dell’INPS se non la si inserisce nel più ampio contesto di provvedimenti che stanno interessando la pubblica amministrazione. Assistiamo, infatti, ad un ridimensionamento della scuola pubblica con il licenziamento di migliaia di precari, si chiudono ospedali, si riducono posti letto o si privatizzano i pronto soccorso, si costituisce una SpA per la Difesa così come si sarebbe voluto fare per la Protezione Civile. Allo stesso modo, nel settore previdenziale, a seguito dei ripetuti interventi legislativi, si rischia che l’INPS assolva in futuro ad un ruolo meramente assistenziale. Il processo di cambiamento del welfare, attuato negli anni da governi di diverso schieramento politico, oggi sta subendo una brusca accelerazione. Si prende a pretesto la grave crisi economica strutturale di sistema per regolare i conti con il pubblico impiego attraverso provvedimenti legislativi che vanno dal decreto 112 del 2008 al decreto 150 del 2009, la famosa riforma Brunetta, nella quale si attaccano le condizioni economiche, contrattuali, lavorative dei dipendenti pubblici, restringendo ulteriormente gli spazi di rappresentanza e tutela sindacale. Come si fa a non accorgersi che i radicali cambiamenti che investono la pubblica amministrazione mirano a smantellare lo stato sociale ed a privare i cittadini di quella gratuità dei servizi fin qui garantiti dalle amministrazioni pubbliche?

E’ in tale contesto che va collocato il progetto di nuovo assetto organizzativo delle sedi INPS, un progetto che poggia sulla parcellizzazione delle competenze e sulla standardizzazione dei processi produttivi, presupposti che facilitano l’esternalizzazione di attività o servizi a soggetti esterni, siano patronati, enti bilaterali o altro, oppure rendono più agevole l’inserimento di personale esterno, reclutato dalle agenzie di lavoro per gestire e governare pezzi di attività. La politica di ridimensionamento degli organici, attuata dai governi di diverso orientamento politico, sta determinando le condizioni ideali per il ricorso alle esternalizzazioni e per l’utilizzo a piene mani di contratti di lavoro precario anche nelle amministrazioni pubbliche.

Siamo sicuri che le nostre preoccupazioni siano condivise dalla maggioranza dei lavoratori dell’INPS ed anche da gran parte della dirigenza, soprattutto quella chiamata a governare il territorio, che tuttavia non ha avuto uno scatto d’orgoglio per denunciare i pericoli di una riorganizzazione che non serve a migliorare i servizi o ad avere migliori condizioni di lavoro. Sarà senz’altro un nostro limite, ma non riusciamo a capire come il nuovo assetto organizzativo migliori il funzionamento delle sedi e l’erogazione dei servizi. Ci sembra, invece, che si ridimensioni la presenza dell’INPS sul territorio, soprattutto nelle grandi aree metropolitane, dove è prevista la chiusura di agenzie e la trasformazione delle sedi subprovinciali in agenzie. Emblematica è la scelta di chiudere la sede di Roma Centro e di trasformarla in agenzia, quando invece l’attività principale di quella sede riguarda il ramo aziende e il lavoro parasubordinato, oltre ad essere naturale punto di riferimento dei consulenti per la sua ubicazione al centro città. Che servizi erogherà l’agenzia di Roma Centro, a quali fini saranno utilizzati gli attuali spazi occupati dalla sede e, soprattutto, perché gli interventi su quella sede sono di fatto svincolati dal piano metropolitano?

Ci si dice che il nuovo assetto organizzativo in qualche modo è consequenziale all’organizzazione per processi, rappresentandone quasi un’evoluzione. Lo abbiamo ascoltato dal capo dell’organizzazione nella videoconferenza del 3 maggio scorso. Al contrario, notiamo molte differenze. E’ pur vero che l’organizzazione per processi è nata per rispondere ad una progressiva riduzione degli organici. L’allargamento delle conoscenze a questo doveva servire. E’ altrettanto vero che il sindacato individuò in quel modello organizzativo l’occasione per una crescita professionale dei lavoratori, che ha consentito di fornire servizi migliori ai cittadini e di ottenere, nella stagione contrattuale 1998-2001, un passaggio economico generalizzato e buoni accordi integrativi. Come può un sindacato accettare un nuovo assetto organizzativo senza ottenere un effettivo miglioramento dei servizi e più avanzate condizioni economiche per i lavoratori?

La riorganizzazione a cui siamo di fronte oggi rovescia invece tale prospettiva, poiché la parcellizzazione delle competenze oltre ad impoverire la professionalità dei lavoratori ne riduce il potere contrattuale ed indebolisce le istanze di crescita economica.

Siamo di fronte ad una riorganizzazione che presenta anche lati di improvvisazione, se è vero che ancora prima di avviare la sperimentazione il modello registrava cinque tipi di agenzia: interna, esterna, urbana, extra urbana, metropolitana, alle quali si è aggiunta poi la filiale di coordinamento, senza che l’amministrazione abbia mai saputo spiegare bene la differenza tra queste diverse tipologie. Così come oggi l’amministrazione centrale fa marcia indietro sulla definizione di front office e back office, che sembrava essere il perno di questa riorganizzazione.  

Si è scelto di affidarsi ad un modello organizzativo che ricorda la fabbrica, riproponendo in qualche modo quella catena di montaggio che dovrebbe rappresentare un retaggio storico dell’era industriale, superata da più moderni e complessi sistemi organizzativi. E’ ovvio che il modello catena di montaggio, attraverso la parcellizzazione delle competenze, rende più facilmente controllabile la produttività individuale. Ma è solo questo lo scopo?  

Dalla prima fase di sperimentazione del nuovo assetto organizzativo è emerso che l’unico cambiamento certo per il momento è stato quello logistico, mentre in molte sedi si continua a fare lo stesso lavoro di prima per poter garantire i servizi e la produzione. Ci è stata segnalata una grande confusione riguardo l’allocazione del personale e dei prodotti, in quanto permangono dubbi sulla caratterizzazione del front office e del back office. Oggi uno stesso dipendente deve rispondere per la sua attività a più capi ufficio perché la nuova organizzazione ha spacchettato le sue competenze, allo stesso modo un capo ufficio ha attualmente il personale assegnato sparso in altri settori. La confusione è evidente. Sedi come Ferrara, che prima dell’avvio della sperimentazione erano notoriamente senza arretrato, ora possono cominciare a vantare un accumulo di pratiche da smaltire. Un po’ da tutto il territorio interessato alla sperimentazione ci vengono segnalati problemi alle procedure informatiche. I liquidatori di pensione, ad esempio, lamentano gli inutili passaggi obbligati del Flusso Standardizzato di Processo, una procedura rigida che obbliga l’operatore a seguire tutto il percorso anche se la professionalità permetterebbe di saltare passaggi che finiscono col rallentare il lavoro. E’ il tipico esempio che ci fa capire come si stiano costruendo procedure con l’obiettivo di farle utilizzare a personale poco professionalizzato. I lavoratori interinali sono impiegati in attività istituzionali, come la liquidazione delle prestazioni a sostegno del reddito, sopperendo ormai in modo stabile alla carenza di personale. E’ il quadro di come probabilmente si intende far funzionare l’INPS in futuro, ma questo è intollerabile per un’organizzazione sindacale che si pone il problema della salvaguardia della funzione dell’INPS nel sistema Paese e dei diritti dei lavoratori che non possono essere sfruttati da un ente pubblico che si chiama per giunta Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. Da segnalare la situazione di Grosseto, un vero cantiere a cielo aperto, dove la riorganizzazione si innesta con lavori di ristrutturazione che vanno avanti da anni e dove si ravvisano problemi legati alla salute ed alla sicurezza dei lavoratori. Numerosi sono i problemi logistici che influiscono su quelli organizzativi, come accade a Trento dove appare impossibile accentrare l’agenzia interna della sede provinciale in un unico stabile.

Accanto ai problemi della riorganizzazione ci sono quelli, per esempio, che riguardano l’accentramento delle funzioni di supporto nelle sedi regionali e l’invio telematico delle domande di invalidità civile. I problemi si sommano l’uno all’altro ed è per questo che è necessario un continuo ed efficace confronto tra amministrazione e sindacati.

Due questioni su tutte sono richiamate dalle venti sedi sperimentali. Innanzitutto si lamenta la mancanza di una formazione strutturata, che avrebbe dovuto anticipare i processi di riorganizzazione e servire anche a radicare conoscenza e consapevolezza rispetto al nuovo assetto organizzativo. Invece sembra che anche questa volta ci si muova in ritardo, senza una visione d’insieme che rassicuri i lavoratori e fornisca loro precise indicazioni. Peraltro si interviene territorialmente in assenza di un piano nazionale della formazione che ancora deve essere approvato dalle organizzazioni sindacali, approvazione che a questo punto diventa un passaggio meramente burocratico che toglie sostanza al confronto. La seconda importante questione riguarda il raggiungimento degli obiettivi di produzione 2010, anche questi per la verità individuati ormai unilateralmente dall’amministrazione, senza confronto sindacale. Temiamo che la sperimentazione possa influire negativamente su tali obiettivi e chiediamo garanzie riguardo gli incentivi. Ci sembra una questione seria della quale va tenuto assolutamente conto.

In questo momento di confusione e di incertezza non poteva poi mancare la ciliegina sulla torta rappresentata dagli emoticon, installati ormai in una settantina di sedi dell’Istituto, inutile e pericoloso tributo pagato alla vulcanica mente del ministro Brunetta.

Ci auguriamo che l’amministrazione tenga nella dovuta considerazione non solo gli interventi che saranno possibili oggi all’interno di questa videoconferenza, ma anche tutti i documenti, a volte unitari, che dal territorio stanno arrivando come contributo ad una riflessione comune che deve continuare, anche in sede tecnica, per dare un senso compiuto alle relazioni interne e far ripartire un vero confronto sindacale, evitando strappi unilaterali e fughe in avanti.