FACCE DI BRONZO

Comunicato n. 26/10

 

Assemblea Nazionale Unitaria - 1° ottobre 2010 -

Roma, Direzione Generale

Concentramento alle ore 9.30 in piazzale delle Nazioni Unite

(dal lato opposto all’ ingresso di via Ciro il Grande)

Roma -

 

Tre settimane significative e dense di avvenimenti, quelle appena trascorse che vanno dal 6 al 27 settembre. Tre settimane da ricordare in cui è successo tutto o quasi quel che poteva succedere con un vasto campionario di facce di bronzo che continua imperterrito a far bella mostra di sé. E siamo solo agli inizi.

 

La riorganizzazione o smantellamento

Si parte dalla tanto attesa convocazione dell’osservatorio sulla sperimentazione del nuovo modello organizzativo fissata per martedì 7 settembre alle ore 11.00 avente all’ordine del giorno “Andamento e verifica del nuovo modello nelle 20 sedi pilota”. Per discuterne insieme, si suppone. Meglio tardi che mai.

Ma nel tardo pomeriggio di lunedì 6 arriva una nuova frettolosa convocazione, questa volta per mercoledì 8 settembre, stessa ora con il seguente ordine del giorno: “Estensione del modello organizzativo di cui alla circolare n. 102/2009”. Tutto già definito, insomma, senza uno straccio di discussione, con il Sindacato chiamato non si sa bene a far cosa. Se non ad essere complice dell’ennesimo diktat piovuto dalle alte sfere.

Procedere di fatto contro ogni norma è divenuto la regola, scaricando le responsabilità su quelli tra i direttori più addomesticati. Un pacchetto proprio ben confezionato, con tanto di tabella allegata (anche se poi modificata), dalla quale si evince che le sedi sulle quali abbattere questa idiozia della sperimentazione sono altre 40. Della serie, cosa fatta capo ha.

Ciliegina sulla torta, la determina n. 59 emanata dalla direzione regionale Lazio che sancisce, in assenza del programmato confronto sul tavolo nazionale ed in barba al giudizio tuttora pendente presso il Tribunale di Roma sezione Lavoro sulla intera materia, la definitiva destrutturazione della sede di Roma Centro.

 

La vicenda Equitalia

Tralasciando (se mai fosse possibile) il gran caos creato da questa società che, tra cartelle pazze, errori palesi e debiti prescritti, ha sbattuto i contribuenti nel panico e moltissime famiglie sul lastrico attivando un sistema di riscossione dei tributi concepito male ed applicato peggio, sarà utile analizzare nello specifico i contenuti della circolare n. 108 del 9 agosto 2010 sulle cartelle esattoriali.

Con essa l’avviso bonario diventa titolo esecutivo a tutti gli effetti e ciò proprio al fine, almeno sulla carta, di “semplificare” il processo di gestione del recupero dei crediti molto spesso neppure notificati.

La stessa circolare successivamente detta le prime istruzioni operative, relative alle disposizioni di maggiore rilevanza in materia di crediti previdenziali, la cui competenza fa capo all’Istituto.

Un affare vantaggioso dunque. Resta solo da spiegare, sempre che lo si voglia, come mai la percentuale di recupero dovuta agli uffici legali INPS si attestava al 30%, mentre Equitalia arriva appena al 5%. Della serie, senza capo né coda.    

 

Lo scandalo invalidità civile

La coraggiosa denuncia del presidente del comitato provinciale INPS di Viterbo ha permesso di scoperchiare il bidone, facendo pubblicamente venire alla luce ciò che in molti, per la verità, sospettavano da tempo e da noi già rimarcato in occasione della videoconferenza svoltasi il 10 maggio 2010 in Direzione Generale.

Il sistema così com’è stato congegnato non funziona ed ha in realtà complicato anziché semplificare la vita sia degli addetti ai lavori che di patronati ed utenti. Questo fenomeno è naturalmente diffuso non soltanto nel Lazio, ma sull’intero territorio nazionale, con picchi di particolare criticità in molte regioni.

Di fatto, il numero delle domande di invalidità civile è diminuito semplicemente perché le pratiche non sono state mai caricate, con buona pace di chi asserisce il contrario, a cominciare dal ministro Brunetta.

La recente videoconferenza dello scorso 9 settembre, allestita in fretta e furia giusto per dare ai medici dell’Istituto l’ordine tassativo di aumentare il numero delle visite dirette (obbligatorie per tutti quelli che hanno i benefici economici), ha avuto come sola finalità la riduzione delle spese senza preoccuparsi di altro. Superfluo annotare come la spinta ad ottenere risultati immediati porterà a snocciolare dati ancor più fasulli. Mentre la solita trovata geniale consiste nello affidare l’appalto manco a dirlo ad una società esterna (stavolta la Mail Room), con costi decisamente indecenti.

Tutto tragicamente uguale, se non fosse che il servizio appaltato e relativo alla acquisizione dei verbali ASL riguarda una attività tipicamente istituzionale, che non è possibile esternalizzare, per giunta coperta da privacy. Già in precedenza sarebbe bastato indicare il codice delle patologie ai fini di un eventuale ricorso e invece neoplasie, prognosi infauste e asportazioni chirurgiche sono in questo modo purtroppo alla portata di tutti. Della serie, senza rispetto né ritegno.

 

La politica del personale

Trattasi di materia completamente vuota di significato, almeno per gli attuali vertici dell’amministrazione, sempre in tutt’altre faccende affaccendati. Quando addirittura non si schierano apertamente e senza un motivo plausibile contro i dipendenti dell’Istituto.

E’ il caso dell’attuale capo del personale, distintosi dapprima per aver adottato ignobili provvedimenti disciplinari nei confronti di alcuni colleghi “colpevoli” di lesa maestà per aver sbirciato gli emolumenti sul suo cedolino (peraltro solo la quota fissa, senza gli appannaggi né la parte accessoria) poi per aver negato in modo palesemente illegittimo l’autorizzazione alle recenti assemblee unitarie.

Sui molteplici incarichi del commissario presidente e sulla miriade di atti nulli da lui prodotti in carenza di potere verrebbe voglia di stendere un velo pietoso, se non fosse che da tempo, sulla base di vari esposti, se ne sta già occupando la magistratura.

La sola cosa che conta, per i vertici di questa amministrazione, resta purtroppo quella di osservare tacitamente i diktat del governo, senza perdere tempo né porsi domande. Della serie, il servilismo come missione. Ma durerà?     

Archiviato l’esito della grande e libera consultazione, inutilmente osteggiata da avversari e collaborazionisti, bisognerà ora rimboccarsi le maniche in vista del prossimo decisivo impegno a carattere nazionale che vede tutte le strutture del Lazio chiamate ad uno straordinario sforzo organizzativo, senza se e senza ma. Da Pordenone a Palermo, da Cagliari a Campobasso saremo in tanti il prossimo 1° ottobre a Roma a manifestare contro la privatizzazione e in difesa dell’Ente.  E coerentemente a chiedere una volta per tutte perché l’INPS possa finalmente far decollare le dimissioni immediate di chi ha spinto il nostro Istituto nel baratro.

 

Coordinamento regionale RdB-USB INPS Lazio